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AeG - Sporting Studio di Consulenza Sportiva
Sport & Scienza
A&G SPORTING GYM - FORZA & CORE STABILITY PDF Stampa E-mail

Schema Forza e Core Stability in casa...

A seguire uno schema indicativo di circuiti per una seduta di palestra (55’), lavoro che per essere fruttuoso deve essere protratto 1 volta per settimana.

Ogni circuito deve essere ripetuto 3-4 volte le prime tre settimane, poi 1 settimana senza ginnastica, infine 4-6 serie dalla quinta settimana in avanti.

Far precedere la seduta da 7’ di riscaldamento su tapis-roulant o rulli, a seguire alcuni esercizi di allungamento muscolare e corpo libero.

NB. nessun esercizio deve superare con i carichi il 50% del massimale del peso.

Al termine è possibile trasformare il lavoro fatto con seduta

SPINNING/RULLI

Con metodica One Leg

Eseguire la seduta in 30 minuti con impegno leggero (frequenze cardiache sotto l’’80% del massimo)

Riscaldamento: gesto pedalato quanto basta

Gesto pedalato 3 minuti di agilizzazione (1 min a 90 rpm, poi 100 poi 110)

2 serie delle seguenti ripetizioni, prima con la gamba destra a poi con la sinistra, pedalando prima in avanti, poi indietro (se su spinbike con giro fisso).

30 ripetizioni, ritmo compreso tra 30-50 rpm

40 ripetizioni, ritmo compreso tra 50-80 rpm

50 ripetizioni, ritmo compreso tra 80-110 rpm

Fra le due serie 1 minuto di streching

Gesto pedalato di sintesi 6 minuti (2’ a 50 rpm, poi 2’ a 75 poi 2’ a 110)

Defaticamento: gesto pedalato quanto basta.

Esercizi STRECHING indoor

Scegliere se possibile un luogo appartato, silenzioso e non troppo luminoso. Un sottofondo musicale dolce facilita la distensione dei nervi insieme a quella dei muscoli. Mantenere la postura per minimo 20secondi ed un massimo di 1 minuto. Tempo totale della seduta dai 5 ai 15 minuti

 
A&G SPORTING utilizza la tecnologia ID MATCH Identity System per misurare la vostra SELLA GIUSTA PDF Stampa E-mail

               

 

Sedersi su una sella confortevole è un piacere al quale non possiamo rinunciare nelle nostre ore passate sui pedali, ma oltre a questo avere un corretto appoggio sulla sella è un parametro importante che va a incidere sulla qualita di tutto il nostro assetto biomeccanico.

Infatti un assetto efficace non può prescindere da una seduta comoda e adatta alla conformazione del nostro bacino, delle ossa ischiatiche e anche (soprattutto) del grado di flessibilità del sistema bacino/schiena.

Oggi il sistema scientifico ID MATCH ci permette di dare una risposta certa a questa esigenza e anche gli studi A&G SPORTING hanno adottato questa tecnologia per fornire un'analisi ancor più accurata delle esigenze biomeccaniche del ciclista.

 

Il sistema è di semplice e intuitiva rilevazione, ma costruito su una attenta e accurata analisi scientifica, prevedendo in tre rapidi step la misurazione dei parametri essenziali per la corretta scelta della sella: 1) DISTANZA INTERTROCANTERICA (larghezza del bacino), 2) DIAMETRO DELLE COSCE 3) GRADO DI ROTAZIONE DEL BACINO

 

 

A questo punto, effettuate queste tre misurazioni, il software in dotazione al sistema ID MATCH è in grado di calcolare la tipologia giusta della sella da adottare, sudddividendole in sei tipologie:

TIPOLOGIA di sella S (SMALL) con larghezza da 130 millimetri che sia a) senza apertura centrale b) con apertura media c) con apertura larga

TIPOLOGIA di sella L (LARGE)  con larghezza da 145 millimetri che sia a) senza apertura centrale b) con apertura media c) con apertura larga

molto importante la misurazione del grado di rotazione del baccino, perché consente al biomeccanico di indicare come posizionare la sella rispetto all'asse orizzontale: se con la punta rivolta verso il basso, se orizzontale "in bolla" o se addirittura con la punta leggermente rivolta verso l'alto.

 

          

Se vuoi saperne di più su come si svoge la procedura di protocollo dell' ASSETTO BIOMECCANICO A&G puoi leggere qui:  http://www.aegsporting.com/index.php?option=com_content&task=view&id=245&Itemid=67  

 

                             

 

Mentre qui https://www.selleitalia.com/idmatch/  puoi ricevere magggiori info sul sistema ID MATCH

 

  VIDEO

 
ASSETTO BIOMECCANICO E PRESTAZIONE SPORTIVA PDF Stampa E-mail

 

Provate ad immedesimarvi nella testa e nelle gambe del francese Laurent Fignon, maglia gialla indosso alla partenza dell'ultima tappa del Tour de France 1989, la cronometro di 24 chilometri Versailles-Parigi. Provate ad immaginarvi impegnati nel corso di questa ultima cronometro decisiva, partire con 50" di vantaggio in classifica generale sul vostro diretto avversario l'americano Greg Lemond e provate a immaginare che pur avendo dimostrato nel corso dei venti giorni di gara già effettuati di avere maggior forza rispetto al vostro avversario, lui nell'ultima decisiva crono lui vi distanzia di 58 secondi e va a vincere il suo secondo Tour de France soffiandovelo sotto il naso per appena otto secondi.

Ora dove diavolo li avrà trovati quei 58 secondi di vantaggio in 24 chilometri, dopo che per venti giorni non si era mai dimostrato così superiore ?

La storia dello Sport racconta che al via di quella cronometro Greg Lemond si presentò con uno strano (allora) aggeggio aerodinamico incastrato sul suo manubrio che gli consentiva di rimanere a braccia e torace stretti così da filare più velocemente nella strada fendendo il vento.

La sue fantascientifiche appendici aerodimaniche comparvero in quella crono per la prima volta nella scena del ciclismo mondiale, mutuate dalle gare di triathlon e fecero davvero la differenza, in una crono che Lemond riuscì a dominare a 54,45 km/h di media lasciando letteralmente di stucco il francese Fignon e l'intero mondo del ciclismo!

Ora provate ad immaginare quanto abbiano significato quegli appena 8 secondi nella vita dei due atleti. Immaginate quale valanga di investimenti abbiano fruttato per l'americano e quanto invece abbiano condizionato negativamente la carriera sportiva del francese Fignon, per anni frustrato da quella bruciante sconfitta sportiva.

Tutto questo ci fa pensare che se vi è una sola possibilità di studiare soluzioni scientifiche che ci facciano migliorare anche se solo di poco la nostra prestazione, vale la pena approfondire sino all'ultima stilla di energia questa possibilità e investirci del tempo per ottenere il massimo da noi stessi.

               

Laurent Fignon a sinistra e Greg Lemond a destra sulla sua bici spaziale con appendice manubrio da triathlon

                                             

SCIENZA DELLA BIOMACCANICA per la PRESTAZIONE

Un interessante studio condotto da due fisiologi americani, Hunter Hallen e Andrew Coggan, reso pubblico nel corso del Convegno Mondiale sulla Scienza applicata al Ciclismo tenutosi presso la Kent University di Leeds al via del Tour de France 2014, riporta a quanto ammontano i vantaggi di alcuni accorgimenti aerodinamici sulla prestazione di un atleta di 70 chilogrammi che percorre una cronometro di 40km a 300 watt medi.

                              

Nella foto sottostante potete valutare i vantaggi dell'utilizzo del casco aerodinamico rispetto al tradizionale, della divisa con tessuti specifici per la crono, della posizione studiata e ricercata nella galleria del vento, della piega manubrio "alla Lemond" piuttosto che il manubrio classico, del telaio "rastremato" da crono, dei copriscarpa, dell'uso della ruota lenticolare posteriore e tre razze anteriore. Ora provate a fare la somma dei secondi guadagnati utilizzando questi "semplici" accorgimenti, rispetto ad una bicicletta e posizione tradizionali e tirate le vostre conclusioni.

Insomma il calcolo ve lo facciamo noi: il totale fa ben 470 secondi! Sì, avete capito bene, si tratta di più di 7 minuti di vantaggio a parità di watt erogati dallo stesso atleta, regalati dagli accorgimenti aerodinamici!

Capite quindi quanto al giorno d'oggi precedere la concorrenza nello studio di una soluzione più efficace, battere insomma sul tempo, anche solo di qualche mese, l'avversario diretto può questo aiutare a ottenere prestazioni di livello assoluto e record su record. Su questo aspetto infatti oggi si giocano molte delle strategie aziendali dei maggiori costruttori di biciclette, sempre più impegnati a creare bici leggere, rigide, ma anche performanti dal punto di vista aerodinamico.

                 

 

            SCIENZA DELLA BIOMACCANICA per il COMFORT

Torniamo ora coi piedi sulla terra e mettiamoci nell'ottica del ciclista amatore che in settimana si allena nei ritagli di tempo e che la domenica si vorrebbe regalare mezza giornata libera per rilassarsi in sella, ma che d'improvviso è costretto a tornare ben prima di quando aveva programmato per un maledetto dolore ad un ginocchio che non gli consente di pedalare con piacere. Fastidio che non avverte mai, se non quando sale in sella alla sua bici: ciò significa che proprio dalla posizione che assume sulla bici dipende questo maledetto dolore.

Non pensate dunque che anche in questo caso, se vi è una scienza che analizza la vostra posizione e vi consente di ottenere un assetto comodo e confortevole, sia il caso di cercare la soluzione adatta a voi stessi e godervi così in santa pace la pedalata domenicale?

                                   

 

COME LA SCIENZA CI AIUTA A STUDIARE IL NOSTRO MIGLIORE ASSETTO BIOMECCANICO

Molti sono i sistemi e i metodi di elaborazione del miglior assetto biomeccanico a disposizione oggi per gli atleti evoluti e per i semplici amatori. Anche noi di A&G SPORTING forniamo tra i vari servizi quello del posizionamento biomeccanico dell'atleta.

Non esiste a nostro parere un metodo più valido dell'altro, esiste però un risultato imprescindibile al quale non si può rinunciare: un assetto confortevole e una sensazione di pedalata gradevole che non può non accompagnare l'atleta nel gesto pedalato.

L'essere umano non è nato per pedalare, ma bensì è stato "programmato" per camminare; ma è pur vero che nel tempo la scienza della biomeccanica è riuscita a protocollare una posizione per ciascuno di noi quantomeno "antalgica", ossia che non genera fastidi nel pedalare.

Da lì in poi, ottenuta quella, si va a lavorare nella prestazione della cinematica della pedalata e poi dell'efficienza aerodinamica, sino ad arrivare alla ricerca della posizione più aerodinamica con studi nella GALLERIA DEL VENTO.

                                                               

Il CAMPIONE OLIMPICO Elia Viviani in galleria del vento 

Il primo passo per un corretto assetto biomeccanico è la raccolta delle misure antropometriche dell'atleta, tramite il rilevamento su seggiola biomeccanica. Prese le misure dell'altezza del cavallo, che andrà poi a determinare la giusta altezza della sella, a seguire la lunghezza dei femori e delle tibie (che inciderà sull'arretramento della sella rispetto al  movimento di centro), infine della lunghezza del busto e delle braccia (che determineranno la giusta distanza da tenere tra sella e manubrio) si passa a  sistemare le tacchette delle scarpe.

                                    

  Il secondo passaggio è quello della rilevazione della misura giusta della sella da adottare per il ciclista. Negli studi A&G ci avvaliamo della tecnologia ID.MATCH (leggi qui  http://www.aegsporting.com/index.php?option=com_content&task=view&id=246&Itemid=67 per saperne di più)   che consente di effettuare una rilevazione scientifica dei parametri di larghezza del bacino, circonferenza delle cosce, grado di rotazione del bacino e quindi andiamo a conoscere quale sella adatta per l'atleta testato. Potremmo qiuindi dire che <ogni sedere ha la sua sella>

 

     

 

A questo punto si inseriscono tutti questi dati nel SOFTWARE A&G che consente di elaborare un primo assetto da assegnare all'atleta. Attenzione però, tale assetto non può e non deve considerarsi già definitivo, perché queste misure vengono prese sull'atleta in posizione statica, ma ognuno di noi sotto sforzo tende ad assumere posture di compensazione e di quelle posture sotto sforzo noi dobbiamo occuparci.

                   

Pertanto la prima mossa non è quella di riportare le misure proposte dal calcolatore sulla bici dell'atleta, ma bensì sulla BIKE BIOMECCANICA in dotazione negli STUDI A&G che essendo munita di misuratori di potenza, consente di analizzare la cinematica della pedalata e verificare, a seguito di assestamenti successivi, qual'è la posizione più redditizia e diciamo così, conservativa dell'energia dinamica espressa dall'atleta.

                   

In particolare nei nostri studi utilizziamo il SISTEMA TORQUE SRM per analizzare le curve di pedalata e determinare, con prove successive e ripetute, qual'è la posizione che fa abbassare di più le curve di spesa dell'energia (espressa in Newton).

Eseguendo più volte di seguito un protocollo identico, invitando l'atleta a raggiungere la velocità di 30 km/h e mantenerla per 10 secondi, si cerca di valutare quali aggiustamenti per esempio sull'altezza o sull'arrettramento sella o nella distanza tra sella e manubrio, consentono all'atleta di erogare gli stessi watt, disperdendo minori energie (i Newton appunto indicati dalla altezza delle curve).

 

               

 Non contenti di questo però, specialmente per chi usa pedali del formato LOOK, andiamo ad analizzare anche i dati elaborati dai PEDALI VECTOR GARMIN, così da verificare la diversità di spinta tra le due gambe e il posizionamento delle tacchette sui pedali stessi.

          

 

Alla fine di questo studio sull'efficienza della pedalata, tramite la TELECAMERA DIGITALE andiamo anche ad analizzare gli angoli di spinta dell'atleta sulla bici, ricercando soprattutto l'angolatura tra 145 e 150 gradi nell'articolazione femore-tibia e poi l'angolazione corretta del busto sul manubrio: dato, quest'ultimo, che varia molto tra l'atleta che andrà poi a posizionarsi su una MTB, piuttosto che sulla bici da STRADA oppure, in posizione ancor più estrema e aerodinamica, sulla bici da CRONO.

Al termine dello studio, che comporta circa un'ora di attento esame delle variabili numeriche e di posizionamento, la posizione finalmente trovata si va a riportare (con la giusta gradualità) alla bici dell'atleta.

Infine da tali rilevazioni, si viene a determinare quella che si può ritenere la "carta d'identità ciclistica" dell'atleta, nella quale si andranno ad insereire i dati di POSIZIONAMENTO DELLA BIKE e della MISURA del TELAIO giusto sia per la bici da STRADA che per la bici da MTB oltre che gli aggiustamenti necessari per raggiungere la posizione ideale di una eventuale bici da CRONO o da TRIATHLON.

       

A tutto questo aggiungiamo una serie di esercizi di GINNASTICA POSTURALE che specialmente nei casi di variazione importante della posizione iniziale, andranno a rendere la struttura muscolo-tendinea dell'atleta elastica e pronta ad assumere la posizione definitiva ed ideale.

Ripetiamo che l'essere umano non è nato per pedalare, ma per camminare. Ma vi assicuriamo però che la scienza della biomeccanica ha fatto passi da gigante e salire su una bicicletta senza essere certi del corretto posizionamento, oltre che essere controproducente in termini di prestazione sportiva, può, in maniera molto più grave e preoccupante, essere deleterio per la salute delle vostre ginocchia e della vostra schiena.

 

Paolo Alberati

 

Per ulteriori info su assetto biomeccanico: Indirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo

 
Cos'è il VO2MAX Massimo Consumo d'Ossigeno? PDF Stampa E-mail


Ipotizziamo (magari fosse vero) che vi scrive proponendovi il seguente approfondimento scientifico, ex ciclista pro e oggi sportivo praticante per divertimento e studio delle teorie di allenamento,  fosse dotato proprio oggi di qualità atletiche pari a quelle che il vincitore dell’ultimo Tour de France il keniano Chris Froome ha fatto rilevare e pubblicato il 4 dicembre 2015 dopo aver sostenuto vari test presso GSK Human Performance Lab, ove si è rivolto per una analisi indipendente delle sue qualità fisiche appena dopo la vittoria del Tour (http://www.cyclingnews.com/news/chris-froomes-physiological-test-data-released/ ) .

                  

Ossia ipotizziamo che il mio potenziale in WATT alla SOGLIA anaerobica sia lo stesso del’atleta del Team Sky, quindi facciamo finta che io sui 20-30 minuti consecutivi sia capace di sviluppare 415-420 watt medi invece di 380 watt , pesando 67,5 kg circa invece di 68,5 kg.

Quindi il mio rapporto POTENZA/PESO dovrebbe essere 6,22 watt/kg. Magari (!)

Ipotizziamo anche che abbiamo io e Froome la stessa forza a fine sforzo-test, ossia 525 watts di Peak Power, corrispondenti a 7.51w/kg. Mettiamo poi anche che a livello mentale siamo dotati della stessa grinta, concentrazione, motivazione in allenamento e in gara (e almeno qui già ce la giochiamo meglio).

Se tutto questo fosse incredibilmente vero (troppo bello per essere vero) dovreste ipotizzare che se io e Chris fossimo ai piedi della salita dell’Alpe d’Huez e cominciassimo a scalare quella montagna con il ritmo di soglia appaiati, ma guardandoci in cagnesco l’uno contro l’altro, dovremmo proseguire assolutamente in coppia sino in cima: stesso potenziale, quindi stessa velocità di ascesa, stesso risultato. E quindi in teoria in cima, dopo circa 40 minuti a manetta, tra i due anche lo sprint finale dovrebbe finire al fotofinish.

                                   

                 

  

Ora però risvegliamoci dal sogno, e analizziamo ancor meglio le cose. Perché tra i vari parametri da prendere in considerazione ne abbiamo omesso uno, che però alla fine vedrete risulterà il più importante: si tratta del VO2Max ossia MASSIMO CONSUMO DI OSSIGENO.

Cosa è dunque questo Massimo Consumo di Ossigeno?

L’essere umano quando inspira introduce nei polmoni O2 ossigeno (e altri gas in quantità minime), questo ossigeno viene ceduto dagli alveoli polmonari al torrente ematico tramite le arterie che, pompate dal cuore, portano l’ossigeno al muscolo.

Dobbiamo però tenere conto che di questo 100% di ossigeno inspirato, non siamo in grado di “utilizzarne” il 100% ma al contrario, per fattori che poi andremo a spiegare, tra cui più di tutto c’entra la genetica (ossia come ci ha fatti Madre Natura), solo una parte di questo ossigeno diciamo così riesce ad aiutarci a produrre energia. Ipotizziamo che insomma quando inspiriamo mandiamo al nostro muscolo un certo quantitativo di “operai” in grado di aiutarlo a produrre energia , solo che di questi operai Chris Froome ne ha 88,2 mentre io ne ho 71,9.

Ossia il livello di Massimo Consumo di Ossigeno fatto rilevare da Froome presso GSK Human Performance Lab è risultato essere 88,2 mlO2/kg/min mentre il mio fatto rilevare a seguito di test incrementale con COSMED FITMATE MED presso il Laboratorio di medicina dello Sport di Perugia è risultato appunto del 71,9 mlO2/kg/min.

                                  

Questo ci consente però di dire che salendo sempre lungo la medesima salita dell’Alpe d’Huez, mentre ad un certo punto a me il settantesimo “operaio” che porta energia mi avverte che me ne sono rimasti solo 1,9 a disposizione e che presto il mio serbatoio rimarrà a secco, a Chris restano ancora 18,2 operai che gli consentono di mantenere ancora per lungo tempo lo stesso ritmo di soglia e quindi di lì a due tornanti dopo mi stacca. E in cima all’Alpe arriva prima di me… :-(  Ma la mia sventura non è finita qui.

Una volta arrivati in camera e fatta la doccia, quando ci mettiamo a gambe alte a recuperare, siccome l’ossigeno che noi inspiriamo serve anche a “ripulire” le gambe dalle tossine, io ho i soliti 71,9 “operai” che vanno a prendersi queste tossine, mentre il vincitore del Tour de France ne ha 88,2 che portando maggiore ossigeno ai suoi muscoli,  gli consentono di recuperare prima ed essere più fresco l’indomani alla partenza della nuova tappa e nuova sfida. 

 

COSA DICE LA SCIENZA

Ora, sperando di avervi fatto comprendere con un esempio pratico la grande importanza che riveste il valore del Massimo Consumo di Ossigeno nelle prestazioni di un atleta, soprattutto quelle di endurance, cercheremo anche di spiegarvelo con le basi della scienza.

Per capirlo si consideri un soggetto che inizia a pedalare. Se parte da una condizione di riposo, si mettono in moto meccanismi energetici più rapidi di quelli aerobici (cioè quelli che utilizzano l’ossigeno) per sopperire all’iniziale carenza energetica, vista la lentezza dei meccanismi aerobici. Vengono usati meccanismi ATP-CP (creatinfosfati) e glicolisi (cioè carboidrati bruciati senza l’uso dell’ossigeno); dopo qualche minuto (da due a quattro a seconda dell’allenamento del soggetto) i meccanismi aerobici si sono adeguati alla richiesta energetica e inizia lo stato d’equilibrio. Durante questo stato l’atleta consuma ossigeno e tale consumo è costante.

Se lo sforzo aumenta (come si può rilevare facendo pedalare un soggetto su cicloergometro con inclinazioni crescenti della pendenza) aumenta anche il consumo d’ossigeno. A un certo punto il meccanismo aerobico (ove l’ossigeno inspirato e mandato in circolo la fa da padrone) non sarà in grado di fornire l’energia richiesta e inizierà la produzione di ACIDO LATTICO. Il consumo d’ossigeno dell’atleta aumenterà comunque ancora finché a un aumento della richiesta energetica non ci sarà più incremento: l’atleta ha raggiunto il massimo consumo d’ossigeno. Si verifica che l’atleta è in grado di prolungare lo sforzo in condizioni di VO2max per circa 7′ e che la situazione corrisponde a concentrazioni di lattato nel sangue che vanno da 5 a 8 mmol.

Dunque possiamo affermare che:

il massimo consumo d’ossigeno corrisponde alla massima POTENZA AEROBICA

Poiché il meccanismo lattacido (l’accumulo di acido lattico, il PUNTO DI ROTTURA, non la produzione) inizia a una percentuale ben definita del massimo consumo d’ossigeno è chiaro che:

per aumentare le prestazioni di un atleta di ENDURANCE si deve allenare l’ innalzamento del massimo consumo d’ossigeno e/o la percentuale di esso alla quale si inizia ad accumulare acido lattico.

Per definizione dunque <il massimo consumo di ossigeno è una misura globale ed integrata della massima intensità di esercizio che un soggetto puo' tollerare per periodi di tempo abbastanza lunghi>(Cerretelli e Prampero, 1987)

Per sintetizzare il massimo consumo di ossigeno è espresso dalla seguente formula:

Massimo consumo di ossigeno = Frequenza cardiaca x Gittata sistolica x differenza artero-venosa di ossigeno

VO2 max = FC x Gs x (Δa-v)

La frequenza cardiaca (FC) rappresenta il numero di battiti che il cuore compie in un minuto. Tale parametro viene solo marginalmente influenzato dall'allenamento.

La gittata sistolica (GS) esprime il volume di sangue (in ml) che esce dal ventricolo sinistro del cuore ad ogni contrazione (sistole). Tale valore aumenta soprattutto nel periodo iniziale dell'allenamento poi si stabilizza.

           

 

La differenza artero-venosa di ossigeno (Da-v)  è il parametro più importante. Esso rappresenta la quantità di ossigeno che le cellule riescono ad estrarre dal circolo sanguigno durante il passaggio del sangue nei capillari. Tale parametro è fortemente influenzato sia dalla genetica che dall'allenamento e dipende essenzialmente da:

a) ventilazione polmonare (migliorabile)

b) trasporto di ossigeno in periferia da parte dei globuli rossi e dell'emoglobina in essi contenuta (migliorabile)

c) densità del letto capillare a livello muscolare (migliorabile)

d) composizione in fibre (bianche e rosse) del tessuto muscolare (genetica)

e) numero, dimensione ed efficienza degli enzimi che catalizzano le reazioni energetiche (genetica)

f) numero, dimensione ed efficienza dei mitocondri (genetica)

Il Massimo Consumo di Ossigeno è un flusso ed è esprimibile in litri O2/min (in questo caso è influenzato dal peso e dalla taglia corporea) oppure più comunemente si quantifica in rapporto al peso corporeo (mlO2/kg/min). Attenzione, questa è una annotazione molto importante, perché come potete comprendere se si perde peso, il valore percentuale aumenta.


Attenzione:
si fa spesso confusione fra massimo consumo d’ossigeno e la sua percentuale di utilizzazione: dire che un atleta d’élite ha valori di VO2max che arrivano fino all’85% è errato perché il VO2max non è una percentuale (si esprime in ml/kg/min millilitri per kg di peso al minuto). In realtà si vuole dire che per questi atleti la percentuale di utilizzazione, per esempio sulla maratona, arriva all’85%.

 

TABELLE DI RIFERIMENTO

La popolazione mondiale sedentaria ha una capacità di utilizzare il proprio ossigeno inspirato (Vo2Max) che mediamente non supera il 50 mlO2/kg/min, mentre gli sportivi salgono sempre sopra questi valori.

Mentre uno sportivo amatore può anche arrivare alla soglia di 70mlO2/kg,min, sopra questo numero stanno atleti di medio livello, sopra il valore di 80 Vo2Max si collocano atleti di alto livello, sopra 85 di Vo2Max possiamo collocare pochi e fenomenali atleti. Mentre sappiamo che il Vo2Max femminile è mediamente inferiore a quello maschile, ad oggi la letteratura medica scientifica colloca i limiti massimi conosciuti nel valore di 74 fatto registrare da una atleta sciatrice di fondo, mentre 94 è il valore fatto registrare da un suo collega maschio.

Nel ciclismo il valore più alto che si conosca è quello dello statunitense Greg Lemond che fece registrare 92,4 mlO2/kg/min mentre in questi anni in gruppo tra i Pro vi sono atleti che superano addirittura il valore di Chris Froome.

Queste le tabelle di riferimento:

FEMMINE

Età

Molto scarso

Scarso

Medio

Buono

Ottimo

Eccellente

13-19

<23.6

23.6 - 28.9

29.0 - 32.9

33.0 - 36.9

37.0 - 41.0

>41.0

30-39

<21.0

21.0 - 24.4

24.5 - 28.9

29.0 - 32.8

32.9 - 36.9

>36.9

50-59

<17.5

17.5 - 20.1

20.2 - 24.4

24.5 - 30.2

30.3 - 31.4

>31.4

 

MASCHI

Età

Molto scarso

Scarso

Medio

Buono

Ottimo

Eccellente

13-19

<33.0

33.0 - 36.4

36.5 - 42.4

42.5 - 46.4

46.5 - 52.4

>52.4

30-39

<30.2

30.2 - 33.5

33.6 - 38.9

39.0 - 43.7

43.8 - 48.0

>48.0

50-59

<20.5

20.5 - 26.0

26.1 - 32.2

32.3 - 36.4

36.5 - 44.2

>44.2

 

SI PUO’ ALLENARE E MIGLIORARE IL VO2MAX ?

In una ricerca abbastanza datata (1971-1973), Klissouras ha concluso che la genetica determina per il 93% le differenze tra individui in termini di massimo consumo d’ossigeno.

Di conseguenza come potete comprendere piccoli sono i margini di miglioramento di questo parametro, specialmente per un atleta già allenato.

        

Mentre per il sedentario infatti, cominciando un programma di allenamento mirato, si può riuscire a migliorare anche del 25% il proprio massimo consumo di ossigeno, in questo caso salire da un valore basale di 36 mlO2/kg/min ad uno finale, da allenati, di 46 mlO2/kg/min non è impresa titanica, per l’atleta di livello queste percentuali di miglioramento sono impensabili. E’ vero infatti che tra un periodo fuori-forma ed un periodo di forma l’incremento del Vo2Max difficilmente supera il 3-5%. 

Ma anche se per margini così minimi di incremento, cosa si può fare per migliorare il nostro Vo2Max?

Basta fare un passo indietro per comprendere che:

1)    l’allenamento mirato può migliorare la GITTATA SISTOLICA  e la VENTILAZIONE POLMONARE. Molto spesso avremo sentito nominare dell’inspessimento delle pareti del muscolo cuore, chiamato “cuore da atleta”. Ecco un cuore un po’ più “efficiente” riesce a pompare più sangue. Attenzione, quando un'atleta è stanco e la sua frequenza cardiaca non riesce più a salire come d'abitudine, anche il suo Vo2Max relativo si riduce. Mentre muscoli respiratori un po’ più efficienti possono captare più ossigeno da inspirare e cedere al torrente ematico. Avrete sicuramente sentito parlare di RIPETUTE VO2MAX e di RIPETUTE DI TRAINING RESPIRATORIO, magari eseguite con repentine accelerazioni di 40” a tutta seguite da 20” di recupero. Ecco, questo è un modo per migliorare di un po’ (di poco) il nostro Vo2Max

2)    l’allenamento in altura può contribuire a migliorare acnh’esso i flussi polmonari ma anche soprattutto la produzione di globuli rossi, che come abbiamo visto sopra, contribuiscono al trasporto dell’ossigeno periferico.

3)    Una alimentazione appropriata, ricca di sostanze utili a migliorare il microcircolo, come mirtillo, uva rossa, ribes, lamponi, semi di cumino, tutte le sostanze che contengono resveratrolo insomma favoriscono la microcircolazione muscolare e la capillarizzazione, migliorando la densità del letto capillare.

                   

CONCLUSIONI

Perché per un soggetto che pratica sport potrebbe essere importante conoscere il proprio valore di Vo2Max?

Il test è di facile esecuzione, anche se il macchinario per il suo rilevamento è piuttosto costoso e deve essere condotto da personale specializzato e in ambiente asettico (la mascherina che viene fatta indossare per il test dev’essere ogni volta sterilizzata). Può essere eseguito con test SUB-MASSIMALE e poi con calcolo di algoritmi il Fitmate ricava il valore di Vo2Max, oppure oppure con test MASSIMALE (in un centro medico), test che durano dai 7’ ai 15’ circa e si può eseguire su cicloergometro o tapis-roulant.

               

Il macchinario più conosciuto al mondo per questo tipo di test è il FITMATE PRO della COSMED azienda italiana leader nel settore, lo stesso usato dal GSK LAB per testare Chris Froome come si vede in foto d'apertura.

Innanzitutto, come avrete capito eseguire il test del Vo2Max può essere interessante una volta per tutte capire la reale CILINDRATA del nostro motore: quanto siamo fatti per lo sport ad alti livelli o meno.

Pensate che a livello professionistico quando si decide di ingaggiare un atleta, per capirne le reali potenzialità e margini di miglioramento, tra gli altri parametri si va anche ad indagare il livello di Vo2Max dell’atleta in questione e quando succede (posso dirvelo per esperienza professionale personale) che in un atleta si vanno a riscontrare valori prossimi a 90 di Vo2Max si scatena la corsa ad accaparrarselo anche tra società sportive di Pro Tour, la Serie A del ciclismo mondiale.

                

Per il vostro allenatore poi è molto importante conoscere il vostro valore di Vo2Max perché gli consente di comprendere quanto può “caricare” di lavoro il vostro fisico: ovviamente un atleta con un alto Vo2max può sopportare carichi di lavoro più importanti. E soprattutto, se il controllo del Vo2Max viene ripetuto a distanza di tempo, questo consente di capire quali tra i lavori specifici proposti hanno contribuito a migliorare di più il vostro Vo2Max. 

Buon allenamento, moderato, mirato, intelligente: come avrete letto infatti <se il cuore è stanco pompa meno ossigeno e si abbassa il Vo2Max relativo>. In particolare studi condotti da Jan Helgerud (2007) del'Università di Trondheim dimostrano che il Vo2Max si riduce quando si lavora solo nella grande quantità, mentre aumenta se si lavora nell'alta qualità per brevi periodi. Quindi la chiave dell'allenamento rimane sempre quella: Breve Intenso Infrequente Organizzato, ossia BIIO.

<TRAIN SMARTER NOT (only) HARDER>.

 

 

Paolo Alberati

 

 

 

 

Bibliografia

R. C. Hickson et al: Time course of the adaptive responses of aerobic power and heart rate to training, Med. Sci. Sports Exerc., pagg. 13-17, 1981.

G. S. Krahenbuhl: Developmental aspect of maximal aerobic power in children, in Exercise and Sport Science Reviews, vol.13, Macmillan, New York, 1985.

V. Klissouras: Adaptation to maximal effort: genetics and age, J. Applied Physiology, pagg. 35-288, 1973.

L. Perusse e C. Bouchard: Heredity, Activity level, Fitness and Health, in Physical Activity, Fitness and Health, Champaign, IL, USA, Human Kinetics, 1994.

http://www.albanesi.it/corsa/vo2max.htm

http://www.my-personaltrainer.it/VO2MAX.htm

 

 

 

 
#RicercaAeG: gestire i PICCHI di FORMA grazie al POWERMETER nel corso della stagione PDF Stampa E-mail

Può un misuratore di potenza aiutarci a gestire i PICCHI DI FORMA nel corso della stagione ed aiutarci a prevenire gli stati di OVERTRAINING?

Con questo specifico approfondimento della sezione SPORT&SCIENZA del nostro sito cercheremo di spiegarvi come e quanto efficacemente. Resta il fatto che di argomenti "scientifici" si tratta e come tali a prima vista non facilmente comprensibili: proprio per questo a seguire troverete un linguaggio molto basilare ed esempi comprensibili anche da chi un misuratore di potenza non lo possiede.

Dobbiamo fare anche una ulteriore premessa, perchè l'analisi di queste variabili richiede sì un misuratore di potenza montato sulla propria bici, ma anche ovviamente un software di gestione dello storico dei dati immessi, che dovranno essere caricati giornalmente (tutti i "computerini" di moderna generazione lo fanno in automatico connettendosi al telefonino a fine allenamento, senza il minimo intervento da parte nostra). NOTA BENE: per avere un trend attendibile, servono almeno 7-8 giorni di dati caricati: da lì in poi più si amplia il database, più attendibili sono i responsi del software.

Ora, anche qui, per semplificare la vita, useremo nell'esempio il software oggi più conosciuto, ossia STRAVA, gratuito per tutte le funzioni basilari, al costo di 5,99 euro al mese nella variante STRAVA PREMIUM costruita per le funzioni più avanzate come il grafico FITNESS-ENERGIA (vedi https://www.strava.com/ ). Mentre lo stesso servizio lo può offrire (in maniera ancor più "professionale" il software TRAININGPEAKS sempre a pagamento (http://home.trainingpeaks.com/ ) o gratuitamente il software GOLDEN CHEETAH (http://www.goldencheetah.org/ ). 

 

Passiamo ora ai particolari. Osservate i grafico sottostante dal nome appunto FITNESS-ENERGIA: questo atleta ha due impennate nel valore chiamato FITNESS per due anni successivi tra luglio e agosto (2014 e 2015). Queste impennate rappresentano i picchi di volume-metabolizzazione di allenamento in concomitanza per esempio del periodo del TOUR DE FRANCE per il ciclista PRO. Già da questa immagine capite subito che il grafico ci consente di capire che, se vogliamo, i picchi di forma possiamo costruirli quando ci servono. E il POWERMETER fedelmente li registra.

 

 Ora però andiamo a dare una spiegazione più approfondita del grafico FITNESS - ENERGIA del software STRAVA.

Il metodo di calcolo di FITNESS, AFFATICAMENTO e FORMA di STRAVA è basato su un modello di impulso-risposta sviluppato inizialmente dal Dott. Eric W. Banister nel 1975 e successivamente applicato al ciclismo dal Dott. Andy Coggan.

I concetti si applicano a qualsiasi misurazione dello stress dell'allenamento. Ad esempio, i primi modelli utilizzavano la frequenza cardiaca media e il tempo. STRAVA utilizza il carico di allenamento (TSS) e l'indice di sofferenza (concetto di TRIMP - TRaining IMPulse), calcolati tramite i dati raccolti, rispettivamente, con un misuratore di potenza o un cardiofrequenzimetro.

Quali le componenti che costituiscono questo grafico?

TSS il Training Stress Score è il "punteggio" di accumulazione di "fatica" in WATT che ogni allenamento costa. E nel grafico viene rappresentato dalle asticelle verticali più in basso. Nel riquadro in inchiostro nero viene chiamato Stimolo all'Allenamento e nella dicitura in blu "Giretto verso la Montagna" conta 143 punti. Gli intervalli di riferimento vanno da 0 a un massimo (teorico) di 450 punti, in realtà superare 350 punti è piuttosto difficile!

Ad ogni modo sia i punteggi di TSS che del TRIMPS aumentano di pari passo con il tempo e con la lunghezza della attività.

FITNESS (linea nera più marcata) indica il processo di accumulazione di allenamento. Il punteggio di fitness viene calcolato tramite il carico di allenamento e/o l'indice di sofferenza per misurare il tuo allenamento giornaliero, e in base a un modello di impulso-risposta (ossia la metabolizzazione della fatica) per quantificare i suoi effetti nel tempo. In questo modo, verrà acquisito intuitivamente lo sviluppo della forma fisica derivante dall'allenamento, oltre alla perdita della stessa durante una pausa. In TrainingPeaks lo chiamano CTL ossia Chronic Training Load e viene calcolato nella media sommatoria degli ultimi giorni di allenamento (meglio dal 42° giorno di allenamento in poi, ove questo indice ha un trend molto attendibile).

 AFFATICAMENTO (linea grigia meno marcata) Concettualmente, l'affaticamento è semplice da capire; è quel senso di stanchezza che limita le tue prestazioni. Viene costruito nello stesso modo del fitness, ma su una scala di tempo più breve. Il relativo indice sale rapidamente dopo un paio di giorni pesanti, ma che scende altrettanto rapidamente non appena ti fermi per alcuni giorni. Quelli di Training Peaks lo chiamano ATL ossia Acute Training Load e viene calcolato nella media del carico di lavoro degli ultimi 7 giorni. 

FORMA FISICA (linea grigia molto sottile) Strava questo valore lo intende come la differenza tra l'Indice di fitness e quello di affaticamento. Quando si è perfetta forma fisica senza essere affaticato, vuol dire che si è in forma o "al picco". In Training Peaks questo concetto è espresso dal TSB ovvero il Training Stress Balance, ossia la relazione tra l'accumulo di allenamento (già recuperato nelle settimane) e il "costo" in termini di fatica degli utlimi allenamenti fatti.

Insomma, per fare un esempio, se io a gennaio ancora poco allenato (FITNESS BASSO) faccio un allenamento monstre che mi costa 350 punti di TSS (e che quindi innalza tantissimo l'indice di AFFATICAMENTO), la risultanza della mia FORMA FISICA sarà bassissima, ossia accuserò oltremodo questo impegnativo carico di lavoro, senza esserre abbastanza "allenato" per potervi fare fronte.  

Può succedere ad esempio che a quel punto ho accumulato solo 46 punti FITNESS ma ne spendo in un allenamento molto impegnativo 80 punti di AFFATICAMENTO: la mia FORMA FISICA risulterà essere - 34.

 46 (Fitness) - 80 (Affaticamento)  = -34 (Forma Fisica)

.Con una gestione oculata deli carichi di allenamento invece, come dimostra il grafico sottostante che rappresenta la preparazione al CAMPIONATO ITALIANO MARATHON MTB del 30 agosto 2015 di un atleta A&G, si cercherà negli ultimi giorni prima di una gara importante di abbassare il livello di AFFATICAMENTO, parificandolo almeno a quello di FITNESS per avere un valore di FORMA FISICA intorno allo 0 tra la domenica 30 agosto e il lunedì 31 agosto.

 

Può però anche succedere (come testimoniato nel grafico ancora più in basso) che nel corso di un programma di training costruito su più settimane, si incorra in qualche inconveniente di salute, che ti costringe a ridurre i carichi di allenamento, di conseguenza la linea dell'AFFATICAMENTO scende, ma con lei anche quella del FITNESS (se non ti alleni "perdi la gamba") e la linea della FORMA FISICA schizza in alto: si tratta in questi casi di una "forma fisica" fittizia, perché se nel frattempo siamo per esempio sotto antibiotici, di certo nonostante la FORMA FISICA sia a +9, poi in gara il nostro rendimento sarà sicuramente scarso. 

 

E' l'equilibrio dunque che determina la prestazione perfetta, l'equilibrio tra i carichi di lavoro, la nostra fisiologica capacità di recuperarli e tanto più sarà il "volume" recuperato, tanto migliore sarà la prestazione in gara. Ma, ad onor del vero, il metodo HRV POWER di monitoraggio delle prestazioni che è stato pensato e protocollato dal DR. FABRIZIO DURANTI e di cui A&G SPORTING insieme al doc. Duranti ha elaborato la calibratura, permette ancor meglio di rispettare l'equilibrio fisiologico dell'atleta, migliorandone drasticamente le prestazioni insieme alla salute generale. Nel link di seguito l'approfondimento specifico dedicato già a maggio 2014: http://www.aegsporting.com/index.php?option=com_content&task=view&id=228&Itemid=63 

Lo "stress" infatti a cui fanno riferimento i software presi in esame si riferisce "solo" a quello stato di affaticamento prodotto dall'allenamento soprtivo. Mentre invece HRV POWER è in grado di misurare e quantificare tutti gli stress prodotti dalla vita frenetica a cui sempre più spesso siamo sottoposti e quindi  dare unagamma di feedback più ampi e completi utili a calibrare un allenamento adatto alla risposta fisiologica dell'atleta.

    

La PMC - Performance Management Chart di TRAININGPEAKS e la An/Ae (Anaerobic and Aerobic) TISS Stress Chart di GOLDENCHEETAH

 

Ma il POWERMETER in termini di gestione dei PICCHI di FORMA nel corso della stagione può fare anche molto di più, ossia può mostrarci l'andamento della nostra capacità di RESISTENZA ai WATT, allenamento dopo allenamento, mostrandoci giorno per giorno a che punto siamo rispetto al nostro massimo stagionale. Questo grafico-parametro sottostante si chiama CURVA DI POTENZA 

 

 

La curva di potenza insomma visualizza la nostra potenza media migliore per i periodi di tempo da 1 secondo (watt di picco espressi nello sprint) in poi, fino alla lunghezza totale del nostro giro. Gli intervalli di tempo che oggi comunemente vengono presi più in considerazione sono la potenza dei 5", 30" (test WINGATE), 5', 20' e 60' in cui gli ultimi due intervalli sono testimonianza della vera SOGLIA di RESISTENZA ai WATT che gli studiosi ALLEN e COGGAN hanno definito FTP, ossia FUNCTIONAL TRESHOLD POWER.

 

È possibile visualizzare la curva di potenza in Watt (W) o in Watt al chilogrammo (W/kg).

I software di gestione dei nostri parametri di potenza aggiornano continuamente la raccolta e ricerca dei nostri watt in tutta la durata di ogni allenamento effettuato per individuare le nostre migliori prestazioni e confrontarle con le altre migliori prestazioni delle ultime 6 settimane, dell'anno corrente, degli anni passati o in assoluto e con gli altri atleti a livello mondiale! Esiste infatti una POWER PROFILE CHART che ci mostra i watt/proKG che ogni atleta è in grado di esprimere nei 5 SECOcondi, 1 MINUTO, 5 MINUTI E 60' (FTP) e si passa dai valori di un FROOME (6.40 watt/proKG su 60' di tempo) ai valori nostri... che sono  sotto i 5 watt/proKG.

 

 

Chiudiamo con una piccola nota: ad esclusione di quello di STRAVA (scelta come capirete "obbligata") tutti i link dei software a cui vi abbiamo rimandato sono in lingua inglese. E questo non perché non si sia voluta cercare in italiano, così da facilitarvi, la spiegazione a tali concetti innovativi sulla lettura della scienza dell'allenamento, ma semplicemente perché in lingua italiana non ci sono!  Siamo in anticipo coi tempi, in un momento in cui ancora nessuno ha saputo-voluto tradurre tali concetti. Pertanto questo breve nostro trattato cerca di aprire una nuova strada e fare luce su concetti che tra pochi anni, forse mesi, diverranno familiari sempre di più. Si tenga in considerazione che a livello professionistico (nel PROTOUR è d'obbligo) la gestione degli allenamenti degli atleti dei team viene scaricata e analizzata da anni con questi software e sistemi: e il professionismo da sempre apre la traccia poi al ciclismo delle categorie inferiori, quello amatoriale in testa.

Stabilire poi se questo sia un bene o un male... il discorso si farebbe troppo lungo. Ma, di sicuro, questo è un dato di fatto.

 

dr. Paolo Alberati

  

 

 

 

 
Quanti WATT si esprimono (e si perdono) in un terreno di MOUNTAINBIKE ? PDF Stampa E-mail

Si può in una competizione / allenamento di MOUNTAINBIKE ottenere una prestazione in WATT paragonabile a quella di una corsa / allenamento su STRADA?

Cercheremo di dare risposta con questa analisi, ad uno degli interrogativi più ricorrenti nelle discussioni post gara già dalle prime settimane di corsa.

Sempre più atleti infatti si lamentano di verificare a fine gara un wattaggio medio più basso rispetto a quello che sono soliti vedere a fine sessioni di allenamento su rulli (indoor) o asfalto (outdoor).

Ma c'è un elemento che ai più sfugge: si può nel terreno sconnesso di una gara di XC mantenere un wattaggio costante come su asfalto?

La risposta qui è subito decisa e precisa: NO.

 Verifichiamo insieme il tracciato di gara del #GIOENIBIKEPARK oggi percorso in un allenamento con due giri ad alta intensità, simil-gara: si tratta di tracciato piuttosto tecnico di CROSS COUNTRY che gli amici del Team Mongibello hanno sapientemente costruito nel PARCO GIOENI di CATANIA, peraltro teatro di gara domenica 8 marzo della II prova di Coppa Sicilia Mtb.

  

Come potete verificare la selezione del percorso presenta una altimetria piuttosto discontinua, con continui saliscendi (230 metri di dislivello positivo, 227 di dislivello negativo), ma soprattutto come vedremo poi tantissimi sono i tratti in cui il biker non riesce a pedalare perché in discesa o impegnato in surplace su tratti tecnici.

Il misuratore di potenza che abbiamo usato nella prova è la pedivella sinistra STAGES POWERMETER montata su CANNODALE FLASH ULTIMATE. Il software di analisi dei watt è il conosciutissimo STRAVA PREMIUM, ove prenderemo in esame la MEDIA DEI WATT secca e non la MEDIA NORMALIZZATA (NP), la quale toglie dal conto medio i picchi di watt in alto e in basso (i mille e gli zero watt per intenderci), utile per altri tipi di analisi, non altrettanto per valutare appunto la resa secca su un circuito sconnesso di cross country.

    

Dall'analisi dei watt medi erogati nel grafico sottostante si nota che nei 9'17" impiegati per eseguire il giro di 2,4 km (poi il giorno della gara verrà allungato sopra i 3km), sono stati registrati 231 watt medi. Molto pochi direte: è vero. La cadenza  media registrata è di 79 RPM, la velocità sui 15 km/h e la frequenza cardiaca media è stata di 179 battiti, con punte oltre i 200 battiti.

 

 

Ma perché possiamo dire che 231 watt medi sono pochi su 9 minuti di percorso? 

Lo possiamo dire perché confrontandoli con quelli che mediamente nel corso del 2015 siamo stati capaci di erogare sui 9'10" di percorso in salita su strada, ossia 360 watt medi, la perdita di watt è piuttosto netta. Va aggiunto che in corso di stagione, quando la condizione crescerà i watt medi sui dieci minuti supereranno anche i 400 watt.

Se valutiamo tale perdita di watt in percentuale nel percorso di mountainbike rispetto a quelli erogati (si badi bene, sempre in mountainbike) su asfalto, registriamo una perdita netta del 35% dei watt medi !

 

 Ecco quindi fornita la risposta ai tanti atleti sconfortati nei dopo gara già alle prime competizioni di stagione.

Si badi bene poi, che i "pochi"  231 watt medi hanno potuto contare anche di un tratto molto pedalabile di 46" (su basolato in salita) e lungo 300 metri che da solo può far registrare 515 watt medi e 770 watt massimi! Ma che da solo non basta a tenere su la media, se si considerano anche i tanti tratti ove i pedali in discesa o in surlpace su pietre neanche girano (la linea viola schiacciata sullo zero nel grafico sovrastante), corrispondenti ai tratti con zero watt nella linea di colore blu.

  


A questo punto non ci resta che augurare IN BOCCA AL LUPO a tutti quanti prenderanno parte alle gare di inizio stagione compresa quella al Parco Gioeni e augurargli anche di trovare, con l'allenamento, quell'aumento di watt desiderato, magari registrandone anche 250 medi su quei 9 minuti. Dimentichiamoci però le prestazioni che si possono tenere su asfalto, perché in MTB non contano le gambe solamente, ma conta soprattutto la tecnica di guida. Vogliamo così anche azzardare una percentuale di incidenza della tecnica di guida sul risultato di una prestazione in Mtb? Il 35% sembra piuttosto attinente alla realtà dei fatti: e questa sì che è una percentuale altissima!

Come infatti diceva l'adagio della famosa pubblicità di pneumatici: <LA POTENZA E' NULLA SENZA IL CONTROLLO>! 

 

 

Paolo Alberati

 
Feb' 15 - IL RISCALDAMENTO prima di una CRONO o CORSA MTB PDF Stampa E-mail

 

    

Sempre più spesso ai giorni nostri vengono organizzate competizioni CRONO, addirittura anche per amatori. Una specialità affascinante che in Italia, purtroppo, non ha  mai riscosso troppo interesse. Ma una specialità che invece, anche a livello mondiale, decide sempre con maggior frequenza i destini delle grandi corse a tappe. Oltre che essere, di per sé, una disciplina che assegna medaglie olimpiche. Ma se pensiamo allo sforzo breve e intensissimo di una crono, non possiamo non paragonarlo a quello di una gara di CROSS COUNTRY in MOUNTAINBIKE: adrenalina a palla, cuore a mille, impegno massimo, da <tutto e subito>!

La crono è una disciplina intrigante e per certi versi altamente tecnologica.

Usare un misuratore di potenza per esempio nel corso di una crono pianeggiante consente di tarare esattamente la propria intensità sulla propria CP (CRITICAL POWER) e così ottimizzare il rendimento, senza patire disastrosi cali nel finale.

Ma in questa sede l’argomento della gestione dello sforzo con il misuratore di potenza è troppo complicato per risolverlo in due parole, motivo per cui sempre più spesso con gli atleti si analizza con attenzione nel confronto personale la conoscenza della metodica di allenamento con il powermeter.

Qui invece ci occuperemo di un altro aspetto che determina decisamente il risultato di una crono e parleremo ossia del giusto riscaldamento.

Per parlare a ragion veduta di questo argomento, useremo anche alcune immagini da noi direttamente impresse nel corso delle fasi di riscaldamento ed esecuzione della seconda decisiva crono del Tour de France 2012.

      

Sir Bradley Wiggins in rampa di partenza, vincitore della crono e del Tour 2012

  

A COSA SERVE IL RISCALDAMENTO?

Il primo obiettivo da raggiungere con il riscaldamento è quello dell’innalzamento della temperatura corporea e di conseguenza della temperatura in cui dovrà lavorare sotto sforzo il muscolo, per poi repentinamente abbassare di nuovo la temperatura corporea (ma non del muscolo), grazie ad una adeguata idratazione prima del via. Ma se riflettiamo un attimo anche sugli altri aspetti peculiari che determinano il risultato di una crono o di una gara di Mtb, sono: a) la capacità di tenere la frequenza cardiaca altissima per lungo tempo, b) la capacità di far lavorare il muscolo in acidosi, c) la capacità di rompere subito il fiato e lavorare per tutto il tempo in ipossia (ridotta presenza di ossigeno nei muscoli).

Ragion per cui, la fase di riscaldamento pre-gara deve essere necessariamente indirizzata al raggiungimento di questi tre obiettivi.

A questo scopo, oltre alla metodica dell'utilizzo dei rulli o comunque del riscaldamento su strada,  potranno essere usati anche alcuni escamotage che facilitano appunto il raggiungimento dello scopo. Ora in ordine vediamo quali.

 

  

Ivan Basso a sinistra in fase di riscaldamento e Vincenzo Nibali a destra in rampa di partenza

 

LE FASI DEL RISCALDAMENTO

Un ottimo riscaldamento preagonistico è quello che comincia almeno 45 minti prima del via. Un'ora prima è ancor meglio. 

Come dicevamo prima di ogni competizione CRONO o MTB sarà bene cercare di portare, con un adeguato riscaldamento, la nostra temperatura corporea e l’elasticità muscolare (sia quella dei muscoli locomotori che quella del muscolo cardiaco) ad un livello tale che, anche in caso di partenza a ritmo serrato, il nostro fisico e le nostre gambe non subiscano più di tanto lo sforzo fatto a freddo.

Si pedalerà per almeno 10 minuti in pianura, con rapporto libero (ma agile), che ci consenta di avere una cadenza intorno alle 80-90 rpm.

A questo punto indossiamo eseguiamo un esercizio di TRAINING RESPIRATORIO, per esempio indossando anche la MASKERINA F&O con filtro BLU o ROSSO (o bocca chiusa)

Per INFO relative alla MASKERINA F&O qui trovate tutti gli approfondimenti: http://www.aegsporting.com/index.php?option=com_content&task=view&id=69&Itemid=67

Dopo questo primo tratto di adattamento al gesto pedalato ci sottoporremo ad un tratto di 10 minuti ancora a frequenza cardiache intorno al MEDIO-IMPORTANTE, su falsopiano in leggera salita o pianura con vento contro e spingendo un rapporto più impegnativo, che potrebbe portare a circa 65-70 rpm.

A seguire, un breve periodo di defaticamento (5 minuti), dopo il quale potremo eseguire tre ripetute F&O di 3-5 minuti ciascuna passando dal MEDIO al FUORI SOGLIA (FS non più di 30”, partendo da rapporto duro e finendo agile

Il recupero consigliato tra una ripetuta e l’altra è di 3 minuti. Per facilitare la comprensione a chi non conosce la ripetuta Forza & Ossigeno, si tratta di partire con circa 60Rpm alla Fc del MEDIO e terminare dopo tre minuti ad una cadenza superiore alle 90 Rpm con una FC anche oltre la SOGLIA.

 

Al temine delle ripetute poi potremo presentarci in griglia già caldi, pronti alla partenza della crono, o se si tratta di una corsa di Mtb, a qualsiasi attacco a sorpresa e portemmo trascorrere i minuti d’attesa prima del via compiendo alcuni esercizi di allungamento muscolare, utili a distendere sia la muscolatura che la tensione pre-gara.Fondamentale a questo punto è l'IPER IDRATAZIONE che consente alcorpo di raffreddarsi ed al muscolo idratarsi. Bere almeno 500 cc di aqua o soluzione idrosalina ipotonica (750 se ci si è riscaldati sui rulli).

E’ questo il momento poi per assumere una dose di ACIDO LATTICO e shakerarlo bene in bocca.

Per INFO su ACIDO LATTICO, utilizzo, funzioni e vantaggi: http://www.aegsporting.com/index.php?option=com_content&task=view&id=70&Itemid=67

 Utilizzare acido lattico in questa fase, mentre si aspetta fermi accanto alla rampa/griglia di partenza, farlo "sentire" al muscolo assorbendolo rapidamente dalle ghiandole sublinguali, consente l'attivazione anticipata degli organi emuntori, quelli che poi in fase di spinta dovranno adoperarsi per rimuovere l'acido lattico in esubero prodotto dal muscolo al massimo sforzo: è insomma una sorta di preparazione alla ricezione del nuovo, "vero" e copioso acido lattico. 

Quindi risassumendo:

10 minuti in pianura, con rapporto libero

+

Maskerina 10 minuti a frequenza cardiache intorno al MEDIO-IMPORTANTE, su falsopiano in leggera salita

+

defaticamento (5 minuti)

+

tre ripetute di 3 minuti ciascuna dal MEDIO a FUORISOGLIA

+

allungamento muscolare, utili a distendere sia la muscolatura che la tensione pre-gara

+

una dose di ACIDO LATTICO

 

         

Ok il riscaldamento muscolare prima della crono. Ma raffreddare poi velocemente il corpo (con l'idratazione ma anche con il ghiaccio sul corpo), consente un maggiore afflusso di sangue al muscolo sotto sforzo.

 
STRADISTA o BIKER: serve pedalare AGILE in inverno? PDF Stampa E-mail

 

Ha senso PEDALARE AGILE a prescindere?

I “vecchi saggi” una volta ci dicevano che in inverno <almeno per 40 giorni bisogna andare agile, meglio sopra le 100 Rpm (pedalate al minuto) in pianura e con rapporto leggerissimo, anche un 39x23 per non appesantire la gamba…>.

Oggi, con l’avvento dei misuratori di potenza e dei software di analisi relativi, è ogni giorno più “divertente” andare a cercare le basi scientifiche di tali “vecchie” (vecchissime!) affermazioni ed il risultato molto spesso è: basi scientifiche ASSENTI. 

 

     

 

IL QUADRANT ANALYSIS

Osservate per un attimo il grafico riportato sopra, ossia il QUADRANT ANALYSIS (Analisi per Quadranti) tratto dall’interessantissimo volume Cutting Edge Cycling – Advanced Training for Advanced Cyclists dei fisiologi americani Hunter Allen e Stephen S. Cheung, Phd. Il titolo spiega un po' tutto: <tiriamo una linea sul ciclismo>, tra cosa è scienza e cosa è improvvisazione. 

Nella ascissa X (linea orizzontale) il parametro delle RPM, mentre nella ordinata Y quello dei NEWTON (ossia l’effettiva forza applicata al  pedale per spostarlo). Ricordiamo solo per un attimo che i WATT EROGATI (quelli che potete vedere nel vostro ciclo computer di ultima generazione) non sono altro che la moltiplicazione dei NEWTON x RPM. Quindi questo è il grafico ricavato scaricando i dati di gara dello stesso atleta, (con 380 watt di soglia e pedivelle da 172,5 mm) impegnato però in due gare diverse: una su strada e una di Mtb. 

 

LEGGIAMO IL GRAFICO

Proviamo a leggere insieme il grafico a quattro quadranti. Il primo quadrato in basso a sinistra (QIII) indica i momenti in cui l’atleta ha pedalato con poche rpm e pochi newton: potremmo quindi dire che era in discesa, senza peraltro pedalare più di tanto. Nel quadrato invece in basso a destra (QIV), l’atleta ha erogato bassi newton ma lo ha fatto ad alte rpm: potremmo dire che qui l’atleta era in gruppo, ma in scia (a ruota) e quindi pedalava agile ma con poco sforzo. Nel quadrante in alto a sinistra (il QII) l’atleta invece ha erogato alti e altissimi newton ma a basse rpm: per esempio in azioni di rilancio da bassa velocità, con rapporto impegnativo. Infine analizzando il quadrante in alto ma a destra (il QI), l’atleta eroga tanti newton a tante rpm, come succede per esempio quando si risale il gruppo di testa controvento o lanciato ad alta velocità, oppure si scala una salita agile ad impegno elevato, oppure infine si fa una volata in pianura. 

 

QUALE LA GARA SU STRADA, QUALE QUELLA IN  MTB

Ora nel grafico, cerchiamo di capire la distribuzione dei puntini: come vedete sono diversificati, caratterizzati da un colore più scuro-nero quelli risultanti dal file della gara MTB, di colore meno scuro-grigio quelli risultanti dal file scaricato dalla gara su STRADA.

Non rimaniamo per nulla sorpresi nel verificare che  i puntini neri (gara in Mtb) sono posizionati soprattutto nel QIII, presenti anche in QII e QIV, ma per nulla presenti nel QI. Ricordate, il quadrante QIII è quello delle poche pedalate e pochi newton: questo porterebbe a pensare che nelle gare di Mtb non si faccia fatica alcuna… Niente affatto! La verità è che in discesa il biker effettivamente gira poco i pedali e non eroga newton-watt, ma usa altri muscoli, quelli del tronco e delle braccia, per guidare con capacità la bici. Ecco perché dunque il dispendio energetico dato da calorie, ossigeno ed energie nervose consumate (TRAINING EFFECT), spesso è superiore alle gare su strada, nonostante sia inferiore quasi sempre la media di watt medi erogati. 

Lo stradista invece colloca i suoi puntini soprattutto in QI (tanti watt a molte pedalate), QII e a cavallo dei quattro quadranti. Questo significa che lo sforzo dello stradista è superiore nella media dei watt,  ma anche nella media delle RPM. Ma il biker usa di più il tronco.

 

        

 

PEDALARE AGILE PER ESPRIMERE WATT

Attenzione, a parità di watt espressi, "girarli" in agilità sarà sempre conveniente (vedi per esempio il "fullino" di Froome nelle corse a tappe). Cosa significa? Ricordate la formnula WATT = NEWTON X RPM ?  Se debbo esprimere per esempio 300 watt in pianura (che fanno procedere un atleta di 70 kg a 38km/h all'incirca) posso scegliere due strade: o metto un 53x11 quindi procedo con 60 rpm (vado "duro") e quindi dovrò impegnare molti newton (lo sforzo delle mie gambe); oppure posso innestare un 53x21 e girare sopra le 100 rpm (molto agile) e quindi dovrò impegnare molti meno newton (dispendio di forza delle gambe). Cliccando questo link: http://www.aegsporting.com/index.php?option=com_content&task=view&id=223&Itemid=67 trovate un nostro articolo dedicato proprio all'argomento. Ma un discorso è pedalare agile per esprimere watt e, certamente sì, salvare la gamba; altro discorso è pedalare agile a prescindere, con rapporto leggero e quindi nessun coinvolgimento di watt e fibre muscolari.

 

COME ALLENARE LO STRADISTA E IL BIKER

Le due prestazioni quindi possono essere allenate nella stessa maniera? E, per tornare alla prima affermazione di questo articolo, serve allenarsi in agilità a prescindere? La risposta è NO per entrambi i quesiti

Il biker avrà sicuramente bisogno di maggiori esercitazioni sulla forza muscolare anche del tronco e sull’equilibrio (quindi sedute in palestra): avete presente il fisico muscoloso del fortissimo ceco Yaroslav Khulavy o del campione svizzero Nino Shurter? Mentre lo stradista dovrà puntare soprattutto sull’erogazione dei watt ad alte Rpm e può anche “tralasciare” il potenziamento degli arti superiori: non a caso Chris Froome nella parte alta del corpo è assolutamente privo di muscoli…

Pedalare agile, infine, in inverno serve a migliorare le caratteristiche dell’atleta?

Certamente sì, soprattutto se lo fa lo stradista, ma purché metta in moto già dall'inverno il suo misuratore sul parametro della potenza, così da lavorare per aumetare i propri watt. Pedalare agile invece con rapporto leggero non serve agli uni, né agli altri.

Servirà probabilmente ai “vecchi saggi” di qualche anno fa, che oramai si saranno fatti per davvero vecchi e sarà bene per loro fare pianura e in agilità, perché per il resto non avranno forze da spendere, vista l’età ;-) .

 

Paolo Alberati

 

 
Lug.-Ago. '14 - POWERMETER I puntata: parliamo di GARMIN VECTOR PDF Stampa E-mail

                

 

Può il misuratore di potenza migliorare le nostre sessioni di allenamento?

Di questa domanda oramai tutti sappiamo la risposta, ossia un deciso, che viene dall’esperienza accumulata nel tempo, ove abbiamo anche personalmente potuto verificare che la qualità e la precisione dell’allenamento che ci garantisce il misuratore di potenza è decisamente superiore a quella che potremmo trarre allenandoci solo a sensazioni (ossia un po’ come misurare una distanza a spanne), o anche col cardiofrequenzimetro (è già meglio: ma insomma è come usare un metro senza centimetri né milimetri), mentre col misuratore di potenza possiamo analizzare i singoli nostri step di allenamento come vedendo un oggetto con la lente di ingrandimento o misurare una distanza al millimetro.

In questo link aegsporting  http://www.aegsporting.com/index.php?option=com_content&task=view&id=150&Itemid=67 potete apprendere in maniera più precisa cosa significhi usare un POWERMETER in allenamento.

Gustatevi il video ufficiale di presentazione del GARMIN VECTOR

  

Quale misuratore di potenza scegliere?

Nelle scelte di mercato quotidiane facciamo sempre mente locale sul rapporto qualità/prezzo del prodotto e quello col rapporto più conveniente è solitamente quello che richiama le nostre maggiori attenzioni. E qui dobbiamo dirvi che la qualità dei risultati espressi dai vari misuratori di potenza in commercio oggi è assolutamente equivalente. Allora merita ragionare sul prezzo: a parità di qualità dovrebbe prevalere il più conveniente.

Ma si sa la scelta divertita e pratica del ciclista pedalatore molto spesso ricade nella considerazione anche di altri parametri. Abbiamo noi voce in capitolo per segnalarvi le differenze tra i vari misuratori di potenza?

Non saremo probabilmente i migliori “scienziati” nello studio della materia POWERMETER, ma da utenti e possessori (sin dai primi tempi) di TUTTI i modelli di misuratori di potenza in commercio, una nostra opinione in merito c'è la siamo fatta.

     

Ma torniamo ai parametri di scelta che ci possono far propendere per un modello di powermeter piuttosto che per un altro, analizziamo i powermeter e le varie motivazioni della scelta una per volta.

Il primo, quello che ha fatto scuola: la guarnitura SRM.

Il più economico, quello che oggi costa meno: la pedivella STAGES.

La variante, quello che misura la potenza sul mozzo posteriore: il POWERTAP.

Il replicante, quello che assomiglia più all’SRM ma costa la metà: la guarnitura QUARK o ROTOR.

La scelta più versatile, pratica, di semplice istallazione: i pedali GARMIN VECTOR.

 

I dati prodotti dai vari powermeter sono tutti attendibili?

Prima di passare all’approfondimento sul GARMIN VECTOR, dobbiamo fare una premessa d’obbligo: i misuratori di potenza oggi in commercio danno dati equiparabili. Ma non staremo a farla troppo lunga su spiegazioni scientifiche lunghe e noiose. Vi mostriamo l’immagine in allegato, frutto di uno studio portato a termine da #scienceofcycling  che dà testimonianza, da sola, della bontà dei paragoni.

                

                Dati assolutamente sovrapponibili in tutti i devices 

 

Perché il GARMIN VECTOR dunque sarebbe  il più “pratico” e versatile da usare?

Di pedali la nostra bici ha per forza bisogno. Siamo solitamente già abbastanza pratici a smontare e rimontare pedali, perché basta una chiave normalissima, non dinamometrica, né torque, ma una semplice chiave da 15 e il gioco è fatto. Ecco presto spiegato: se da una parte gli altri misuratori come SRM e STAGES per poterli installare prevedono almeno un  minimo di conoscenza meccanica e soprattutto l’utilizzo di un estrattore per estrarre appunto la vecchia guarnitura (per l’SRM) e o la vecchia pedivella (STAGES) insieme ad una chiave dinamometrica per poi serrare con i giusti newton le viti di fissaggio, per quanto riguarda i pedali GARMIN basterà una comunissima chiave.

Potreste obiettare allora che è ancor più semplice inserire una ruota completa con su montato il mozzo POWERTAP sulla nostra bici, senza aver bisogno di alcuna chiave. Tutto vero.

                             

 

Ma provate per esempio a spostarvi in aereo in un altro continente e ponetevi il problema di portare con voi il vostro powermeter per proseguire il vostro allenamento in watt, senza però portarvi dietro tutta la bici: detto che non è pratico (perché prevede appunto un intervento “meccanico” non da tutti realizzabile) smontare e rimontare guarnitura SRM o pedivella STAGES, sarà più pratico portar via con voi una ruota intera con il POWERTAP montato o magari riporre i vostri due pedali dentro le vostre scarpe da bici e farli viaggiare molto praticamente nel vostro zainetto a mano?

Mettiamo poi che desideriate noleggiare ad esempio una Mtb al posto della solita bici da strada. O mettiamo che desideriate svolgere il vostro allenamento indoor comodamente seduti su una spinbike: non pensate che rimontare i vostri pedali sui quali infilare le vostre scarpe non sia la soluzione più “leggera”, immediata, pratica?

                           

  

Come funziona GARMIN VECTOR?

Molto semplice il funzionamento dei pedali inventati dalla Garmin: mentre la vostra scarpa spinge, il cuore dell'asse del pedale (nel caso di Garmin si tratta del comunissimo modello "Look Keo" qui replicato su pedali di marca Exustar) legge la forza che imprimete e tramite il collegamento con un "pedal pod", ossia un tramettitore che riceve segnale dall'asse del pedale e tramite il collegamemto ANT+ lo rimanda al vostro computerino sul manubrio. Il dato che arriva al vostro computerino non è in nessun modo "mediato" da calcoli di approssimazione e ricalibrazione (come avviene per la pedivella sinistra STAGES o il mozzo posteriore POWERTAP), la trasmissione avviene subito, in prima battuta, ancor prima di quella che può arrivare dal conosciutissimo SRM che legge la torsione sul plateau. I pedali in prima battuta ricevono spinta, i pedali rimandano dati.

 

                              

                           Il "cuore" del powermeter GARMIN VECTOR è nell'asse del pedale stesso

 

Ha GARMIN VECOTR qualcosa di peculiare agli altri misuratori di potenza?

Non ci stancheremo mai di ripetere che con a disposizione un lettore ANT+ sul manubrio (o per assurdo anche il telefonino tramite comunicazione Bluetooth) qualsiasi misuratore di potenza oggi in commercio è facilmente leggibile e installabile. Abbiamo verificato che la qualità dei dati trasmessi è assolutamente parimente attendibile.

Ma c’è un elemento che tra questi caratterizza in maniera esclusiva i pedali VECTOR? Ebbene sì, questo elemento c’è ed è la possibilità di lettura istantanea della capacità di spinta delle due gambe in percentuale. Che significa quindi che se io spingo di più con la gamba sinistra piuttosto che con la destra, il mio lettore GARMIN me lo mostra in maniera immediata (e non scaricando i dati a casa al termine dell’allenamento) e mi dà quindi in tempo reale la possibilità di allenarmi a correggere la spinta disarmonica. Non è un parametro utile a tutti (perché nel 95% pedaliamo tutti in maniera simmetrica) ma per quei pochi che hanno problemi di bilanciamento di spinta, il VECTOR collabora sin da subito a risolvere il problema.

                                              

 

A&G SPORTING è OFFICIAL GARMIN POINT che offre assistenza sull’istallazione e nozioni di utilizzo dei pedali VECTOR GARMIN.

Qui http://sites.garmin.com/vector/ potete trovare tutte le info tecniche sul VECTOR, oltre che prezzi e opzioni varie. Voi li acquistate ove meglio credete, noi ve li settiamo ed a voi non resta che divertirvi a pedalare e stabilire i vostri record!

E col misuratore di potenza non si scappa: ogni dato viene registrato.

Buone pedalate!

                

 

 

Paolo Alberati

 

 
Lug. '14 - Cambio MONOCORONA? Parliamone, ma... non ci piace... :-( PDF Stampa E-mail

Quella sua prima Milano-Sanremo del 1935 era già un impresa riuscire a correrla e Gino Bartali che si era fatto il viaggio da Firenze in treno per Milano, valigia e bicicletta sotto braccio, questo lo sapeva benissimo. Ma correrla svantaggiati, con un cambio rapporti inadeguato, non poteva certo permetterselo. Già che era un corridore <ciclista professionista  categoria isolati> o <indipendenti> che dir si voglia, ossia senza squadra al seguito, nessuna assistenza, rifornimento, acqua lungo il percorso; già che quella era una corsa massacrante, la più lunga del panorama e prometteva addirittura pioggia; ma insomma Bartali voleva ben figurare, perché dall’esito di quella corsa, dal farsi vedere tra i migliori, avrebbe determinato il prosieguo della sua carriera e, chi sa mai, un contratto futuro con una delle poche squadre ufficiali dell’epoca: la Legnano e la Frejus in cima alla lista dei desiderata.

 

                  

      Gino Bartali alle prese col cambio Campagnolo Modello Corsa in salita al Tour del 1948

 

Raccontano allora gli osservatori dell’epoca che Bartali la sera della vigilia della Milano Sanremo viene a sapere che un certo signor Nieddu di Torino ha inventato un cambio per biciclette chiamato <Vittoria> dalle prestazioni rivoluzionarie: i corridori che desiderano montarlo sulla propria bicicletta, Nieddu li aspetta all’albergo Il Cavallino, vicino alla sede della Gazzetta dello Sport. Molti campioni mandano i loro meccanici, ma Gino dopo aver lasciato in sede della Gazzetta la borsetta col cambio dopo-corsa che gli organizzatori avrebbero portato l’indomani a Sanremo, dal signor Nieddu deve andare da solo, aspettando tutta la notte, sino alle quattro del mattino, per montare quel cambio nuovo. Così dopo aver dormito appena due ore già vestito con i panni da corridore, <e dormito neanche così bene, preso dall’emozione> racconterà poi in seguito, si reca al raduno di partenza spavaldo e intimidito allo stesso tempo.  

 

                  

                 I due rapporti di cui erano dotate le bici da corsa di inizio secolo scorso

 

L’alternativa infatti al cambio Vittoria per anni era stata dapprima il monocorona anteriore e posteriore, a fine ottocento addirittura con lo scatto fisso sul rocchetto posteriore, ma poi comunque al massimo i Valetti, Girardengo e Binda erano riusciti a sfruttare la possibilità del doppio rapporto montato ai due lati del mozzo della ruota posteriore: uno un po’ più corto (solitamente il 14) da usare per la pianura, uno un po’ più leggero (mai però oltre il 18) per affrontare le salite. Ma pur sempre con una sola corona nell'anterire.

Badate bene però, che l’unico sistema per cambiare rapporto sino ad allora era stato il fermarsi a bordo strada, sfilare dalla catena la ruota posteriore, invertirne il senso e innestare l’altro rapporto a disposizione: non una soluzione molto pratica, non una cambiata particolarmente veloce…

 

Poi da lì, da quel cambio di Bartali nel 1935 di strada ne è passata tanta sotto i ponti e sui banchi lavoro dei migliori meccanici al mondo, tra cui gli italiani con Campagnolo hanno scritto la storia dello sport ciclistico.

 

Fa sorridere dunque che oggi, al momento in cui la tecnologia (Giapponese con Shimano, american-taiwanese con Sram) ha messo a disposizione dei pedalatori dapprima la tripla moltiplica anteriore nelle Mountainbike, poi addirittura le 11 corone dietro con il doppio plateau davanti, oggi con cambio non più solo ad impulso meccanico, ma bensì persino elettronico, fa sorridere dicevamo che venga presentato come la scoperta del secolo il cambio XX1 per Mountainbike, ossia il cambio con monocorona sull’anteriore e 11 denti nel posteriore.

 

                         

                               Il cambio XX1, “novità” assoluta del terzo millennio…?

 

Di cosa si tratta dunque, dove starebbe la grandiosa novità? Gli inventori americani dicono, molti giornalisti (immaginiamo poco o proprio per niente saliti almeno una volta su una bici…) del settore riprendono nelle proprie rubriche tecniche, che il plateau monocorona anteriore assicurerebbe una cambiata più precisa, perché escludendo il deragliatore anteriore si riduce così la possibilità di sbagliare (sbagliare!?!) incroci di rapporti. Dicono poi che così, se dovessimo trovarci in condizioni di fango proibitivo, la catena non dovendo salire e scendere sul deragliatore anteriore, non soffrirebbe appunto gli intoppi provocati dal fango.

Promettono altresì che la scala dei rapporti posteriori, ampliata dal “vecchio” 11 (rapporto minimo) – 36 (rapporto massimo) dei cambi finora esistiti ad un nuovissimo 10-42, riesca comunque a coprire tutte le esigenze di sviluppo metrico che il “vecchio” 2x10 rapporti garantiva a piene mani.

Tenetevi forte però, perché ora vi sveliamo la soluzione super-innovativa che ci viene proposta per convincerci che l’1x11 è il futuro della trasmissione ciclistica, oltre che raccontarci che i 30 grammi in meno di questo cambio rispetto al tradizionale 2x10 farà la differenza nella prestazione.

Col kit d’acquisto viene fornita la possibilità di scegliere l’alternativa tra corona anteriore da 30, 32 o 34 denti, così da accoppiarla alla scala posteriore in base a percorsi con tanta salita (il 30), medi (il 32), con molta pianura-discesa (il 34).

Bene. Come fare per cambiare queste tre corone anteriori? Molto semplice, dicono: con chiave a brugola e officina meccanica al seguito. Ossia smontando il plateau precedente per rimontare quello necessario, prima di salire in bici.

 Esatto, avete capito bene: il ciclista del terzo millennio per poter usufruire del rapporto adeguato in base al percorso (ovviamente, se necessario, anche durante il percorso…) deve attrezzarsi proprio come facevano i Valetti, Girardengo e Binda, che tra moccoli irripetibili, perdevano corse e tempo, perché costretti ad affrontare salite  e discese con rapporti vincolati, con l’unica alternativa che avevano per cambiare rapporto che era quella di fermarsi!

Ora però, per essere obiettivi sino in fondo e non credendo certo di avere tutta la scienza del mondo, ritenendo al contrario schiere di tecnici con gli occhi a mandorla come dei perfetti sprovveduti, va detto che nelle prove in circuito di Mtb (XC) ove il biker si trova a far fronte a continui e repentini cambi di ritmo e pendenza, stressare ed intrecciare il  meno possibile la catena è di sicuro una soluzione che può gratificare il buon funzionamento del mezzo. Se consideriamo però il 90% dell'utilizzo della Mtb, soprattutto mezzo di cicloturismo sempre più diffuso in montagna o al massimo di gare Granfondo con lunghissime salite (anche 15 chilometri continui) e discese conseguenti, siamo così sicuri che nella scala XX1 disponiamo di tutti i rapporti necessari per gambe non da campioni in salita o rapporti così lunghi da non perdere pedalate in discesa? Perhè se è vero che questa "innovazione" del mercato è nata sui campi gara del circuito professionistico delle prove XC della mountainbike, siamo (come avete notato) fortemente dubbiosi sul fatto che una soluzione così tecnica debba "per forza" essere utile a tutti, al ciclista della domenica come al granfondista senza pretese.

Immagino dunque a grandi linee abbiate capito cosa ne pensiamo dell’ultima novità del mercato, che ovviamente deve inventare sempre qualcosa di nuovo per dare impulso al settore commerciale. Questo è comprensibile.

I reali vantaggi del nuovo XX1, rispetto al sistema di trasmissione “tradizionale” invece lo sono molto di meno.

 

       

Il cambio GRAN SPORT CAMPAGNOLO "cimelio" del secolo scorso...

 

Ci sarebbe piaciuto tanto chiedere (oh se avessimo potuto farlo…) a Gino Bartali cosa ne poteva pensare della novità del terzo millennio, ossia il monocorona. Lui che per i primi anni della sua carriera aveva dovuto “combattere” col cambio praticamente inesistente del vecchissimo monocorona sia anteriore che posteriore (con opzione di inversione ruota per innestare l’altro rapporto), a fronte del cambio Campagnolo Gran Sport degli anni cinquanta per esempio, il primo cambio “moderno” azionato da due cavi e levette sulla canna obliqua. Siamo sicuri vi avrebbe risposto con la sua solita schiettezza: <gli è tutto sbagliato. Tutto da rifare>!

 

Paolo Alberati

                      

    

 
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