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La Mascherina Forza&Ossigeno PDF Stampa E-mail
 ALLENARSI A CASA COME IN ALTURA A 3.000 METRI CON LA MASCHERINA F&O
                  
                


Già da alcuni anni lo staff di Born to Run System by Camorani (tra cui i nostri Paolo Alberati e Nicola Checcarelli) raccogliendo dati nei due centri preposti allo studio in altura sul Passo Pordoi ma ancor di più sul Vulcano Etna, si è reso conto che il reale vantaggio che l’allenamento in quota rende all’atleta non è certo da imputarsi solo alla poliglobulia (aumento dei globuli rossi nel sangue) che studi scientifici hanno dimostrato che semmai si può verificare dopo lunghi soggiorni (almeno tre settimane) alle alte quote (non sotto i 2.500 metri) e che comunque oggettivamente non abbiamo mai ricercato con soggiorni così prolungati, quanto il vantaggio era dato da tutti quegli adattamenti a cui è sottoposto il fisico dell’atleta, in particolare a carico del sistema cardiorespiratorio e di quello della microcircolazione, permanendo in ambiente povero di ossigeno.

Ricordiamo infatti che se a livello del mare l’essere umano respira una miscela di gas composta per il 78% da azoto, il 21% da ossigeno con solo tracce di anidride carbonica(circa l’1%), ai 3.000 metri la quota di ossigeno disciolto nell’aria si assottiglia attorno ad un 16-17% circa per poi decrescere ancora man mano che la quota aumenta.

In particolare tramite l’utilizzo del Pulsiossimetro (uno strumento utilizzato in sala operatoria per valutare la corrente percentuale di ossigeno presente nel circolo sanguigno del paziente anestetizzato, consentendo così in caso di bisogno di ri-ossigenarlo forzatamente con immissione di O2 medicale) che viene utilizzato dal 2004 per stabilire la caduta della saturazione di ossigeno al termine dello sforzo incrementale (Test Forza&Ossigeno) abbiamo potuto valutare quanto del (poco) ossigeno respirato alle varie altitudini (come detto sempre meno, più in alto si sale), riesce a “filtrare” nel circolo ematico.

                                                                                       Fabrizio Ravanelli

 

PERCHE' ALLENARSI IN ALTURA MIGLIORA LA PRESTAZIONE?

Per riassumere con dati oggettivi questo tipo di rilievi (tesi avvalorata anche da uno studio del 2006 da Giovanni Camorani e suoi collaboratori e atleti tester Alberati e Gp Caruso) che a livello del mare un atleta sano a riposo, che fa misurare circa 70 pulsazioni al minuto, rileva un 98-99% di ossigeno nel sangue a fronte di una quota residua di 1-2% di “gas di scarico” (prevalentemente CO2, anidride carbonica). Salendo dai 1.000 e poi ai 2.000 metri questa quota percentuale scende tra il 96 e 94%. La percentuale di ossigeno poi continua a decrescere man mano che si sale in altura, sino ad un 90% intorno ai 2.500 metri, mentre in conseguenza con l’aumento della quota, anche la frequenza cardiaca a riposo sale di un po’, intorno ai 90-100 battiti, in quanto il cuore, in carenza di ossigeno disciolto nell’aria e quindi in circolo nel sangue è obbligato a  battere più volte per pompare maggior sangue (proprio per aumentare la quota di ossigenazione totale) ai distretti muscolari ed agli organi vitali.

Infine a quota 3.000 metri, alla Torre del Filosofo sul versante sud dell’Etna per esempio, dove si è concluso uno dei nostri studi, con un cuore a riposo che pompa 113 pulsazioni il pulsiossimetro registra un 85% di desaturazione di ossigeno.

Allora, per riassumere ci siamo posti questa domanda: qual è il motivo per cui il fisico “migliora” le sue prestazioni atletiche a livello del mare dopo un periodo di allenamento alle alte quote? Si tratta infatti di una circostanza ampiamente documentata e da tutti unanimemente riconosciuta.

Essenzialmente le ragioni sono tre, tutte comunque legate a fenomeni di adattamento dell’organismo.

La prima ragione è perché il fisico è costretto a potenziare tutti i muscoli interessati per maggiorare la funzione respiratoria/ventilatoria.

La seconda perché la carenza di ossigeno delle alte quote obbliga gli alveoli polmonari (elementi deputati a captare l’ossigeno disciolto nell’aria ed alla sua riconversione in molecole disponibili ad entrare nel torrente ematico) ad un “superlavoro” ad una sorta di training distrettuale che faciliterà la funzione laddove, come alle basse quote, l’ossigeno è in maggior percentuale. Quindi un atleta che ha maggiorato la capacità del proprio sistema respiratorio in quota allorché si troverà in situazione di maggiori percentuali di ossigeno migliorerà certamente la performance, infatti potrà protrarre la combinazione di ossigeno e glicogeno per “costruire” energia (ATP) di più lunga emivita!

Inoltre, come è facile intuire, la terza motivazione risiede nel fatto che la lunga permanenza alle alte quote stimola il midollo osseo alla produzione di maggiori quantità di globuli rossi che sono i vagoncini che trasportano ossigeno nel sangue (il poco che c’è in altura, poi sarà tantissimo a livello del mare!). E questa terza situazione si chiama come detto poliglobulia.

Una cosa però a nostro avviso deve essere messa in evidenza, ed ossia il fatto che tutti questi benefici vengono massimizzati dal soggetto che in altura svolge attività fisica e non già da quello che ci dorme solamente!

Perché se infatti è vero che il fisico di un essere vivente in attività evidenzia un certo livello di attività metabolica (tanto più alta quanto più ci muoviamo), il fisico di un soggetto che dorme è in una sorta di stand-by: il cuore batte a frequenze molto più basse, il sistema cardiorespiratorio “gira al  minimo”, l’apparato muscolare è in pieno relax.

E quindi anche i conseguenti stimoli alle compensazioni metaboliche dovute alla carenza di ossigeno delle alte quote sono molto più marcate se in altura si fa attività sportiva.

   

                                                          

                                                                                                   La Maskerina Forza & Ossigeno

QUANTO OSSIGENO ABBIAMO NEL SANGUE MAN MANO CHE LO SFORZO AUMENTA?

A questo punto bisognava elaborare tutti i dati e riportarli a livello del mare, ma a questi rilievi  fatti in altura si è aggiunta altra curiosità e dietro questa la “scoperta” del fatto che sottoponendo un atleta a test incrementale su cicloergometro a 0 metri s.l.m., parametrando i suoi battiti cardiaci tramite cardiofrequenzimetro, la sua potenza espressa in watt tramite rilevatore di potenza Srm ™ e la sua desaturazione di ossigeno con il pulsiossimetro, man mano che il suo livello di sforzo aumenta, e con esso i battiti cardiaci ed i watt erogati, diminuisce la percentuale della saturazione di ossigeno.

Anche qui partendo dal famoso 98% di saturazione di ossigeno a riposo, man mano che lo sforzo sale si è riusciti a stabilire il livello di soglia anaerobica perfettamente corrispondente con un livello del 90% di saturazione d’ossigeno (quello dei 2.500 metri d’altitudine, ricordate?), per poi arrivare a verificare che andando “a tutta” si riesce a consumare tanto ossigeno da far scendere la saturare sino all’85% circa (simile ai 3.000 mt dell’Etna).

Ecco che quindi abbiamo capito che un fattore altamente limitante la prestazione dell’atleta che supera la soglia aerobica (che si appresta quindi a fare lo sforzo massimo, sino “a tutta”), oltre alle alte concentrazioni di acido lattico che ad un certo livello di sforzo non viene più smaltito e quindi si accumula, l’altro fattore limitante della prestazione è la carenza di ossigeno nel sangue, che dalla frequenza di soglia in poi scende sotto quote del 90%, cosa che dall’atleta sotto sforzo soggettivamente viene avvertita come “fame d’aria”. Ecco che allora si capisce perché allenarsi in montagna, anche addirittura con il cuore sotto i 100 battiti, aiuta comunque l’atleta a migliorare: infatti anche solamente passeggiare ai 2.500 mt di quota ricrea la stessa situazione di carenza di ossigeno che a livello del mare incontriamo quasi alla frequenza di soglia, con un 90% di desaturazione di ossigeno. E di qui i conseguenti adattamenti e miglioramenti del nostro sistema cardiorespiratorio che si trova a far fronte ad un’accentuata carenza di ossigeno.

Quindi viva i soggiorni in montagna e gli allenamenti “ragionati” in altura, con frequenze cardiache quindi non necessariamente troppo elevate, semplicemente perché non serve (e comunque sotto sforzo il cuore in altura non riesce a lavorare al 100% visto che mancano quote di ossigeno).

 

 
COME ALLENARSI A LIVELLO DEL MARE OTTENEDO BENEFICI SIMILI A QUELLI DELL'ALTURA?

Ma veniamo alle conclusioni: se allenarsi in montagna porta tutti questi benefici, a suo tempo noi ci chiedemmo come era possibile ripetere in qualche modo questa situazione anche a livello del mare, ossia in situazione logistica più comoda e quindi facilmente ripetibile in tutti i giorni dell’anno

…ecco allora che si pensò di cercare un impedimento, una limitazione meccanica alla respirazione, o se volete chiamiamolo un escamotage per costringere l’atleta in attività a respirare una miscela gassosa più ricca di CO2 (anidride carbonica) e comunque più povera di ossigeno.

Doveva essere però uno strumento non troppo ingombrante, né pesante o scomodo da trasportare. E soprattutto di etica corretta. Ossia si voleva semplicemente mettere in difficoltà l’atleta attraverso un allenamento distrettuale così da costringerlo a sopportare quel calo di saturazione (vicino al 90%) simile alle alte quote senza però dover affaticare oltremodo i muscoli motori. Quindi un modo per allenare con importante impegno il sistema respiratorio per così dire con i muscoli … in quiete!  

Così si pensò ad una “mascherina ipossica”, dotata di filtri che limitassero l’accesso di ossigeno inspirando, permettendo invece una espirazione completa e non limitata se non in minima parte, così da rimettere in circolo una piccola quota di CO2 nel sangue, che come ci insegna Buteyco non guasta mai…

Giovanni Camorani (www.camorani.com) ha così ideato e protocollato il sistema di allenamento ipossico, collegato all’utilizzo della Mascherina ™, dotata di tre filtri (uno verde che simula la resistenza respiratoria dei 2.000 mt, uno blu per i 3.000 mt. Ed uno rosso per i 4.000 mt) e che permette un calo della saturazione simile al “fuori soglia” anche a partire da frequenze cardiache molto più basse.

Così nel nostro Studio di Consulenza Sportiva A&G Sporting (www.aegsporting.com) come negli altri centri Born to Run sparsi in tutta Italia (uno già attivo anche in Francia, un prossimo negli USA), utilizziamo questo sistema di allenamento, alternandolo ai divertenti e fruttuosi stage di allenamento in altura sul Pordoi o sull’Etna che rimangono i momenti aggreganti e allenamenti più validi per i nostri atleti che però, grazie alla Mascherina ™, riescono a fare richiami di altura continui, ragionati e comodi ogni giorno a casa propria anche in situazione indoor, questo specialmente sulla RotoPress, un’altra …invenzione di Giovanni Camorani, un attrezzo che consente di programmare mirate sedute per atleti di molte discipline, oltre al ciclismo, lo sci, il calcio, il fitness, ma anche protocolli di riabilitazione e di…estetica. Questo sistema di allenamento con la Mascherina è utile, oltre che nelle programmate sedute allenanti outdoor ed appunto indoor, anche nelle fasi di riscaldamento che precedono la gara (per poi toglierla subito prima del via), infatti la Mascherina mettendo subito in crisi il sistema respiratorio lo allerta a maggiorarne la funzione ventilatoria permettendo così quelle partenze a razzo che avvengono nelle più disparate competizioni quali il ciclismo (strada – MTB) la corsa a piedi, lo sci, la boxe ecc. Anche nelle competizioni motoristiche, per esempio nella Moto GP, nel motocross, dove l’atleta oltre alle capacità tecniche deve possedere anche forza e capacità di consumare ossigeno, ed inoltre nell’atletica in genere, è molto importante saper essere subito efficienti nel captare e trasportare più ossigeno possibile a tutti gli organi preposti a sostenere lo sforzo strenuo di inizio azione.

Fabrizio Duranti e A&G sporting a RadioDJ ...parlano della mascherina F&O

 

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                   www.camorani.com

 


 

 
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