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Tommy Sapeva Correre di Paolo Alberati
Categoria:   Top  Libri e articoli di Paolo Alberati
 

Editore : Giunti editore
Pagine : 120
Prezzo : 8,50

Era una notte in cui, non so per quale motivo, non riuscivo a prendere sonno.
Era una notte strana, siciliana ma d'inverno, in un bel palazzo storico del centro di Palermo, che decisi di risvegliarmi definitivamente, riaccendere il pc e girare un po' a zonzo nel web. Mi imbattei in un video, era una testimonianza di un padre a margine di una riunione di politica dello sport. Il padre era Marco Cavorso, il figlio, morto, era Tommy.

Un intervento di una dignità spaventosa, da pugno allo stomaco: quest'uomo alto, busto diritto, parole dirette agli interlocutori che lo attorniavano, parole accorate ma non commosse. No, erano parole decise, determinate, coraggiose: "mio figlio è stato ucciso sulla strada mentre inseguiva il suo sogno di ciclista, mi rivolgo a voi perché questo non debba succedere mai più ai figli del mondo".

È un mattino della primavera fiorentina quando quest'uomo lo incontro di persona, nel corso di una manifestazione sportiva, e gli dico che l'ho visto su youtube, che mi stringo forte a lui e alla sua sventura: io che faccio parte della grande famiglia del ciclismo (pedalato) da quando sono un bimbo, mi sento accanto a lui.

È un pomeriggio di un'estate afosa, un'estate per me infelice: non sempre la vita ha il vento nelle vele. Il telefonino mi vibra in tasca, numero sconosciuto, non so se rispondere. Rispondo. All'altro capo del telefono è una voce decisa, forte, inflessione veneta: è Marco Cavorso.

"Ho parlato con mia moglie, vogliamo fare un libro su Tommaso. Vogliamo che sia tu a scriverlo". Stordimento e ossigeno. Penso che questa proposta stupefacente per me è ossigeno: voglio respirare aria d'alta quota, emozionarmi, pensare, stare solo, scrivere. Solo questo voglio fare: scrivere dopo aver conosciuto, approfondito, come un attore che entra nella parte, voglio essere Tommaso. Il periodo per me non è facile, ci tengo che anche Marco lo sappia, che se non se la sente io non mi offendo se intende rivolgersi a qualcun altro… Ma no, proprio per questo mi dice che ha pensato a me, che proprio io sono la persona giusta per capire questo libro. Mi vengono consegnate le chiavi di uno scrigno di sentimenti e io barcollo ma non esito: va fatto. Mi decido: questa cosa fa per me.

La situazione è però comunque delicata, non racconto di un eroe del passato remoto che male che vada, se scrivi qualcosa di impreciso, ti becchi il rimbrotto e la precisazione di qualche tifoso d'annata. No, qui si parla di una ferita viva che sanguina ancora. Qui si tratta di toccare il nerbo scoperto di un dolore devastante, un dolore che solo a pensarci rimani senza fiato. Ma Marco è un veneto di quelli tosti: si deve fare. Lo farò.

Il primo incontro nello scrigno dei segreti è in campo neutro, nel luglio toscano afoso della Valdichiana, a Monte San Savino. Il paesino dorme nell'ora del pranzo, il tavolino del bar in piazza ove ci sediamo diventa l'ombelico del mondo: io e Marco faccia a faccia. Tommaso sopra di noi che ci ascolta, ci scruta, cerca di capire se siamo adatti al caso suo. Piano piano anche il mondo si risveglia intorno a noi, ma giuro che non ricordo aver sentito né visto volare una mosca sino a quando poco prima dell'ora di cena ci alziamo dal tavolo per salutarci. I punti di affinità tra me e Marco sono tanti: ho corso in bicicletta per lavoro per diversi anni, lo sport ce l'ho nel dna. Marco è stato sciatore di fondo di livello nazionale ai tempi di De Zolt e Vanzetta: "ma loro erano molto più forti di me". Perfetto, anche io ho corso con Pantani e Cipollini e anche loro erano molto più forti di me. Ma il primo punto è già chiaro: siamo uomini di sport, riconosciamo i nostri limiti e quindi abbiamo le spalle larghe.

Marco ha una famiglia splendida che ama sopra ogni cosa: con Tommaso, che non c'è più, sono quattro figli in tutto. Io ho una famiglia splendida, che amo sopra ogni cosa: con i due bimbi mai nati, in cielo prima di venire alla luce, anche io ho quattro figli, Edo e Gaia oggi con noi.

Marco vuole un libro vero, scritto con realismo e senza malinconia. Vuole un documento a futura memoria, un atto di denuncia contro la violenza sui più piccoli e la sciatteria del mondo verso la vita, che è cosa sacra, bene intangibile, specialmente quando si tratta di anime innocenti. Io voglio un romanzo di vita, è da un po' che ci penso e lo aspetto. Aspetto la storia vera da mettere prima al centro delle mie emozioni e poi sulle pagine di un libro: ora la storia c'è e anche se è da cazzotto allo stomaco, va sviluppata, amata, trasmessa.

È una sera del primo autunno mugellano quando entro per la prima volta in casa Cavorso, una bella villetta immersa nella natura di Caselle, un maschietto neonato, due sorelline e un cane a spasso per casa; senza tanti preamboli mi viene subito dischiusa la porta della camera di Tommy e io entro nel suo mondo.

Sono la prima persona che mette piede lì dentro dopo mamma e papà: da anni la sua camera è off limits agli estranei. Sono il primo, dopo la tragedia, che sfoglia i suoi diari, che sbircia tra i suoi effetti personali, che viola la sua proverbiale riservatezza: un po' me ne vergogno, un po' lo devo fare. Parlo con Tommy nel silenzio della sua stanza, gli chiedo scusa di questa intrusione e lui si schernisce di me: "Come pretendi di scrivere un libro al posto mio, se non sai quello che io penso. Vai, sfoglia e impara, che poi il libro deve venire bene, lo si fa in due".

Rimango la notte a dormire in casa Cavorso, sono il quinto figlio di una fantastica famiglia e al mattino a colazione mangio nel tavolo di Tommy, ho l'appetito di un ragazzino anche se confesso che la notte non è che abbia dormito più di tanto. Le responsabilità sono più alte dell'adrenalina che provi nel fare qualcosa che ti appassiona, ti piace, senti tuo. Poi si esce in bici, a zonzo nelle strade di Tommy, per assaporare i suoi sapori, per vedere i suoi colori, per sentire il suo sudore scendere sulla fronte: e qui siamo sul mio terreno.

La passione. È questa che ti frega. Se non hai però passione per la vita sei fregato. E se non hai la passione non puoi fare il ciclista. Io e Tommy di questo "ne parliamo" spesso, ci confrontiamo per mesi sfogliando i diari delle due nostre vite e troviamo sempre un punto in comune: la passione per la vita ci lega e ci frega verso impegni superiori anche alle nostre forze, ma questa fiammella ci rende la vita ancor più bella, veloce, assaporata nel midollo sino all'ultima goccia.

È una notte inoltrata d'autunno, di nuovo siciliana, questa in cui scrivo queste righe. Il riassunto di tutti i nostri "dialoghi" del cuore fatti in mesi di frequentazioni lo troverete in queste pagine. Io ci metto la penna, Tommaso ha messo le parole e i fatti, tragici, che riportano ognuno di noi alla responsabilità di adulto nei confronti della vita, di quella dei bambini di cui noi siamo i tutori, i depositari, i protettori. Tommaso in questi mesi mi ha insegnato tante cose, mi ha fatto riflettere e piangere nello scrivere. Ringrazio la vita per avermi fatto inseguire il sogno di bambino e raggiungerlo da ragazzo. Il sogno che vivo ogni giorno da padre e uomo realizzato.

Anche Tommy avrebbe voluto farlo, ma nel grido sordo che emerge dalle pagine di questo libro vi racconta perché noi, il mondo dei grandi, non glielo abbiamo permesso.

Paolo Alberati

In vendita su: www.giuntistore.it


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