Come preparare LA GARA DELLA VITA
 

In principio vi è il sogno. Il sogno creativo che poco alla volta scuote ogni cellula del corpo (e dell’animo) dell’atleta che si prepara a diventare campione, che sia Olympic Champion, o campione della sua personalissima sfida. Magari sfida semplice, una gara regionale, una sfida tra amici, una lotta con se stesso: vinta e quindi campione.

E il sogno creativo ne è la benzina super, quella sorta di energia inesauribile che ti porta a rivolgere ogni parte di te stesso verso l’Obiettivo, che i fa ripartire ogni volta, trasformare ogni delusione in slancio, ogni successo già ottenuto in punto di partenza, ti aiuta a ritenere ogni ostacolo insormontabile come un passaggio obbligato: da superare.

                                    

                                     Yuri Chechi Campione Olimpico ad Atlanta 1996

La prova olimpica di Londra qui, in questo momento, ci fa da paradigma: è il massimo per ogni atleta, il sogno di chi vive di sport. Ma visto che qui scriviamo per ognuno di noi, lettori e scrittori, pedalatori o sportivi da poltrona, che nella vita di ogni giorno fissiamo sfide, ci mettiamo in gioco, lottiamo per realizzare progetti, cadiamo, ci rialziamo, ma insomma ci proviamo, ecco che partendo dall’Olimpiade, qui proveremo a raccontarvi come si costruisce la sfida perfetta, come fa un atleta top a prepararsi per l’appuntamento della vita. E poi ognuno di voi coniughi questi segreti a suo piacimento, che la sfida da vincere ognuno ha la sua.

 

La programmazione

Tutto deve nascere col dovuto anticipo, ogni cosa, dal lavoro allo sport, dalla vita di tutti giorni agli eventi eccezionali, per avere una logica riuscita, deve una logica programmazione.

Parliamo di bici e di prestazioni umane: nessuno di noi è capace di ottenere il 100 per cento, anzi anche un po’ di più (quello che serve per eccellere nello sport) per dodici mesi all’anno. Anche Alberto Contador o Julien Absalon debbono programmare i propri picchi di forma per farli coincidere nel momento giusto, quando conta, quando c’è il Tour de France o l’Olimpiade. Insomma la corsa della vita.

Due minimo, ma anche tre sono i picchi che un atleta è capace di raggiungere durante l’anno, situazione top ove tutto gira perfettamente e che solitamente dura, ci accompagna per non più di 3-4 settimane.

                      

                 L'arrivo vittorioso di Julien Absalon alle Olimpiadi di Pechino 2008 nella prova XC di mountainbike

Molto ovviamente dipende anche dalla nostra predisposizione naturale a rendere fisicamente alle temperature esterne: chi è fenomenale con le temperature fredde, chi lo è con quelle calde, ma insomma detto questo per una che sia una gara della vita, ci si può scoprire capaci di essere molto prestativi col caldo, per esempio, quando invece da una vita intera si pedala forte o si vincono corse con le temperature fredde.

Basti ricordare come Paola Pezzo, due volte campionessa olimpica, preparava il suo corpo al fuso orario della prova olimpica di Sidney: nelle settimane precedenti la sua corsa, era solita allenarsi dietro motori (lo scooter era guidato dal marito Paolo Rosola) nei boschi di notte. Si aveta capito bene: in Australia avrebbero corso alle 11 del mattino, ma in Italia quell’ora cadeva  con le nove di sera…

Detto questo, se la vostra gara della vita è per esempio l’Etna Marathon o la Val di Fassa Bike di metà – fine settembre per chi corre in Mountainbike o la Maratona dles Dolomites appena corsa nella prima domenica di luglio per chi corre su strada, ora che leggete questo pezzo, preparatevi subito a rallentare un attimo, appendere la bici al chiodo per qualche giorno e poi cominciare a riprogrammare il vostro prossimo picco di forma.

                   

Il nostro GIORGIO BOVE sull'ultima salita (passo Valparola) della Maratona dles Dolomites 2012

No, non stiamo scherzando, prima della prestazione top ci vuole un po’ di ricarica: poi nelle schede tecniche a parte vi spiegheremo come ritrovare la condizione massima.

 

L’attenzione ai particolari

Ogni progetto non può prescindere dalla più completa conoscenza dell’avversario da abbattere, il percorso da percorrere, il clima su cui si combatterà.

Quindi la ricognizione, reale (pedalata) o virtuale (studiata sul web) del percorso, degli ordini di arrivo e quindi tempi di percorrenza degli anni precedenti, le temperature medie del percorso nei giorni della gara, sono non solo un dovere, ma debbono diventare un arma in più.

Non è un caso infatti se per esempio già ad agosto dell’anno passato è stata organizzata una “Olympic test-race” (gara di prova) negli stessi giorni, con lo stesso clima, sullo stesso percorso londinese della prova olimpica di quest’anno, con al via i migliori al mondo.

Per gli organizzatori la circostanza è stata utile a testare le strategie organizzative da adottare con un anno di anticipo, per i nostri cari atleti è stata la prova del nove, quella su cui costruire poi tutti gli allenamenti e i sogni dell’anno preolimpico.

E proprio su questo filone, per esempio, l’Etna Marathon 2012 sarà la test race del campionato italiano marathon 2013: sempre Sicilia, stesso percorso, stessa data.

Per essere pratici, perché non sfruttare le ferie estive per andarsi a provare il percorso della nostra gara della vita, con anticipo prima di percorrerla poi nel giorno fatidico?

Dovrete sapere respirare profondo, sì proprio respirare i profumi del bosco che attraversa la vostra gara; sarà bello pedalare in silenzio, meglio da soli, per metabolizzare i passaggi tecnici, farli propri; spostare addirittura, se necessario, qualche sasso, farsi traiettorie a proprio piacimento, insomma disegnarsi il percorso del cuore. Chi vi scrive l’ha fatto più volte…in gara, vincendo la sua sfida nel passaggio tecnico decisivo ove solo l’autore della “manomissione” conosceva la traiettoria perfetta.


Visionate il parcheggio della partenza, ove sarà più comodo mettere l’auto al sicuro, vicino alla fontana d’acqua fresca, a due passi dalle docce per il dopo. Cercate di capire quali strade, accanto al via, possono essere utili per riscaldarsi quel tanto che basta prima del via. Insomma dovete imparare a giocare in casa: la vostra gara, nella vostra tana.

 

I parametri fisici giusti al momento giusto

Conoscersi a fondo è la strada maestra per mettere insieme il meglio di noi stessi. Ma per gli atleti di vertice è fondamentale anche conoscere le prestazioni degli avversari, sviscerarle, capirne i punti di debolezza, su quelli costruire i propri punti di forza.

Quindi con il giusto anticipo dovremo cominciare a tenere in considerazione il peso forma da raggiungere per quel giorno lì. Che, attenzione, non dovrà essere per forza il più basso possibile, ma bensì il più adatto possibile.

Era l’anno 1996, un compagno di squadra di chi vi scrive, futuro campione del mondo, ad inizio anno pesava sopra gli ottanta chilogrammi. Il fiammingo Johan Mussew aveva nel mirino la Parigi Roubaix, prova di lunghissima durata (260 chiometri), a temperature rigide e tutta piatta. Per quella serviva potenza, esplosività e grande riserva di serbatoio. Johan, che quella gara l’aveva già vinta, sapeva che tutto questo andava messo nel suo bagaglio d’esperienza per una Roubaix da ciclista un po’ cicciottello: non un caso, non una debolezza a tavola, ma un piano studiato a tavolino. Con un epilogo prima sognato, poi programmato, poi concluso  appunto con una vittoria eclatante riportata nel sacco.

                        

                           Johan Musseew sul percorso iridato di Lugano 1996

Settembre dello stesso anno, Johan si ripresenta in Italia per il Giro di Puglia a tappe, ma a chi vi scrive vederlo da dietro, mentre si pedala, sembra un’altra persona.

E’ dimagrito di circa dieci chilogrammi, lui che scalatore non è, sembra strano vederlo così magro: <Johan ma che cosa è successo, ti hanno lavato in lavatrice con la candeggina restringente>?. La risposta è secca ma lascia di stucco: <no, Paolo, il mondiale di Lugano è da scalatori, io voglio vincere e quindi il mio peso ora è da scalatore>. Vi ricordate forse il podio di quel Mondiale…? Vi diamo un indizio: secondi e terzi arrivarono Mauro Gianetti e Michele Bartoli.

 

Cerchiamo quindi più informazioni tecniche possibili sul percorso e sugli avversari, prepariamoci a puntino (programmandoci, come detto al meglio) perché il nostro fisico quel giorno sia al posto giusto al momento giusto, chiediamo aiuto semmai ad un preparatore esperto del settore: l’informazione ci rende sempre più forti. E poi non smettiamo mai di sognare, anche da adulti, il sogno è la chiave del successo, in qualsiasi attività della vita.

L’aspettativa positiva del successo, ci porterà a coinvolgere ogni cellula del nostro corpo verso il risultato sperato e prima o poi arriverà.

Non abbiate fretta, ma perseveranza; non abbiate aspettative impossibili, calibratele sulle vostre capacità o appena un pochino più in alto, ma soprattutto credete in voi stessi e non lasciate che qualcuno metta in dubbio la vostra fiducia.

 

Per finire, di nuovo le olimpiadi: chi vi scrive è stato P.O. probabile olimpico per la nazionale italiana di mountain bike prima delle Olimpiadi di Atente: credetemi, quella lettera giunta a casa, quell’inserimento nel gruppo di quelli buoni ha sollevato più di un sogno e scosso più di una cellula. Quelle cellule fisiche e neuronali di cui parlavamo nell’attacco del pezzo, quelle che ogni atleta che si rispetti deve saper mettere in movimento con i suoi sogni, l’ambizione, la passione per il suo sport. Non fui così bravo poi da diventare olimpionico vero, al quella gara parteciparono Marco Bui e Huby Pallhuber e io tifai per loro. Ma che brividi l’olimpiade… quei sogni creativi che quest’anno da Londra, raccontandoli in diretta, cercheremo di far rivivere anche a voi.