mag.'14 - PERCHE SECONDO NOI CHRIS FROOME E' TROPPO MAGRO |
Un TWEET, con foto, dell'Addetto Stampa del Team Sky, alla vigilia della Liegi Bastogne Liegi ci ha fatti saltare sulla sedia: <Il nostro uomo Chris Froome sembra assolutamente tirato in vista della LBL di domenica prossima>... In foto queste due gambe, due fuscelli che ai tempi del danese Michael Rasmussen venivano chiamate <chicken legs> (gambe di pollo). Ma come, ci siamo detti, "assolutamente tirato"? Spontaneamente ci è venuto di rispondere a quel tweet, direttamente sul web, con <a noi piuttosto sembra assolutamente non in salute... Not so in wellness>. E da lì è nata una riflessione più approfondita, che ci ha portati a scrivere il pezzo che segue.
<I sacrifici che ho fatto per vincere il Tour de France del 2012 non sono intenzionato assolutamente a ripeterli! Ho vissuto per un anno condividendo le mie giornate solo con la bicicletta e la fame>. Queste parole di Sir. Bradley Wiggins, vincitore del Tour de France 2012 e medaglia d’oro olimpica nella prova a cronometro di ciclismo a Londra 2012, frasi recentemente rilasciate nel corso di un’intervista pubblica, da sole potrebbero bastare per spiegare il concetto dell'eccessiva magrezza che nel ciclismo rende molto in termini di prestazione, specialmente in salita, ma rende anche la carriera sportiva limitata e la vita “sociale” impossibile. Analizziamo insieme i vari fattori di questa vicenda e gli aspetti connessi.
Il tweet del Team Sky
I VANTAGGI. Nelle prove del ciclismo con grandi dislivelli e lunga resistenza i dati scientifici dimostrano che minore è la quantità di peso da trasportare in salita, specialmente se di lunga durata (e in questo comprendiamo anche la quantità di massa muscolare: più muscolo c'è più ossigeno deve essere bruciato) migliore è la resa della spinta e quindi in sostanza il rapporto potenza/peso. Per avere più chiare le idee di quanto incide il rapporto watt pro chilo nelle prestazioni e approfondire su qual è una percentuale di grasso fisiologicamente “accettabile” e misurabile tramite esame plicometrico, potete aprire questo link: http://www.aegsporting.com/index.php?option=com_content&task=view&id=113&Itemid=67 In parole povere proviamo ad immaginare la strategia tecnica di un qualsiasi team di Formula 1, dove i meccanici lavorano mesi e mesi alacremente per aumentare la resa dei cavalli nel motore dell'auto, ma allo stesso tempo i carrozzieri egli aerodinamici lavorano sulla scocca dell'auto per ridurne fino al limite possibile il peso, per esempio limando le parti in carbonio ma cercando di non ridurre la solidità strutturale del telaio: alla fine il risultato è che tanto più potenti ma allo stesso tempo leggere sono le auto, tanto più elevato è il rendimento nel rapporto cavalli pro-chilogrammo. Questo assunto però è tanto più veritiero se si tratta di percorrere strade in salita dove il rapporto potenza/peso risulta ancor più determinante. Di questo assunto sembra averne fatto un dogma la scienza applicata al ciclismo, soprattutto quella di scuola inglese, applicata in particolar modo dal Team Sky. A conti fatti, più bassa è la percentuale di grasso minori sono le scorte di peso da portare in salita e migliore è il rendimento.
Sir Bradley Wiggins anche lui <absolutely ripped> al Tour del 2012
Al raggiungimento di questo obiettivo viene votata tutta la strategia di squadra, in particolare quella di alcuni atleti, i leader, i quali per un limitato periodo di tempo sono sottoposti a regimi alimentari di strettissimo apporto calorico (sbilanciato in favore delle proteine, a discapito dei carboidrati) pur di raggiungere l'obiettivo di una percentuale di grasso che sta al di sotto sicuramente del quattro e mezzo per cento, forse anche meno. Con una grande e sostanziale differenza: in Formula 1 la FIA impone anno per anno dei limiti precisi sul peso minimo che può pesare un auto. Nel ciclismo e negli sport “a propulsione umana” in genere questo limite non è mai stato imposto e probabilmente non verrà mai imposto per non snaturare la “spontaneità” del gesto atletico e perché non è neanche facile stabilire un limite di peso convenzionale. Con un'unica eccezione: quella del rapporto peso/altezza imposto anni addietro dalla FISI (Federazione Internazionale degli Sport Invernali) agli sciatori del salto dal trampolino, drammaticamente scontratisi negli anni novanta col problema dell’anoressia e debolezza ossea: atleti sempre più leggeri, volavano ovviamente sempre più lontano. Alcuni direttamente nel vortice della depressione e a seguire della morte per eccessiva magrezza. La verità è dunque che se un'auto troppo “sottopeso” (diciamo così) rischia “al massimo” alle alte velocità di spiccare il volo e male che vada finire fuori uso (speriamo con lei non il pilota), l'atleta troppo sottopeso si ammala spesso gravemente di tutta quella serie di patologie psicologiche e fisiche che si riassumono appunto della dicitura di “disturbi alimentari”. Nell'ambito di un regime dietetico ristretto, per garantire la salvezza della massa muscolare, la razione alimentare quotidiana viene sbilanciata verso l'uso di proteine sotto ogni forma: dalle proteine in polvere come integratore a quelle animali tipo la chiara d'uovo (usata separata dal rosso d'uovo), alla carne stessa, sgrassata. L'obiettivo è così presto raggiunto: diminuisce velocemente il grasso corporeo che viene rimosso dagli adipociti (che sono le nostre cellule di stoccaggio per i tempi di “carestia”) per rimetterlo in circolo e usarlo come benzina. Dunque con l'alimentazione sbilanciata nell’uso di proteine si protegge sì il muscolo dal suo deperimento, ma la controindicazione più notevole è che così facendo l’atleta ha la sensazione di morire di fame. Al raggiungimento dello scopo infatti viene adottata anche la tecnica della allenamento a digiuno, supportando l'atleta con miscele di polveri proteiche o aminoacidi liquidi che sostengono la massa muscolare ma non certo il senso di appagamento dell'appetito, né riforniscono il cervello degli zuccheri di cui egli ha necessità di essere fornito per lavorare in maniera lucida e soddisfacente.
Chris Froome impegnato nella crono del Tour 2013
GLI SVANTAGGI. Quali sono allora le controindicazioni di un eccessiva magrezza, se abbiamo visto che di fatto facilita e non poco il rendimento in salita? Del resto lo sostiene anche il professor Veronesi nel suo ultimo libro <La dieta del digiuno> (Mondadori, 2014): meno massa grassa e magra hai addosso, meno ossigeno consumi e quindi più a lungo vivi. Se dunque decliniamo questo assioma alla realtà sportiva, maggiore è la resistenza e quindi la durata dell'esercizio in soglia e fuori soglia (quindi al massimo dei giri del motore), migliore è la resa, specialmente nelle prove di lunga resistenza come le tappe di montagna dei grandi giri. Però come dicevamo, se nell'automobilismo è la Fia ad aver imposto un limite minimo di peso, nella natura umana ci ha pensato il Padreterno a determinare che quando si scende sotto la percentuale di grasso del 4 per cento (per esempio un totale di 2,6 chilgrammi di grasso in un atleta che pesa 65 chili) si va incontro a diverse disfunzioni ormonali. Innanzitutto gli ormoni della forza nel corpo umano vengono veicolati dai grassi trigliceridi: il testosterone primo fra tutti, con quantità di grasso molto basse, tende a decrescere vertiginosamante, determinando perdita di forza muscolare. Va poi valutato l'aspetto psicologico della questione: sottoporsi a rigorossimi regimi alimentari e diete ipocaloriche manda in tilt il cervello. Tornando a tal proposito alla prima affermazione presentata in questo scritto, ossia la frase espressa qualche settimana fa da Bradley Wiggins: basta ricordare il suo giro d'Italia 2013, quando magrissimo e provato psicologicamente dopo alcune tappe fatte in difficoltà sotto l’acqua è letteralmente saltato di testa. Ora da una parte il cervello è fatto in gran parte di acqua e (diciamo così) zucchero e quando lo priviamo per lungo tempo di zuccheri e carboidrati, il nostro cervello comincia diventare insofferente irrequieto e depresso. Va poi valutato anche l'aspetto di termoregolazione che il grasso compie nel nostro corpo: un fisico troppo magro quando esposto alle intemperie e il freddo del Giro d'Italia del 2013 e la pioggia ce lo ricordano, entra in ipotermia perché è sprovvisto del “cappotto” lipidico che ricopre naturalmente la muscolatura e le membra tutte di un atleta magro, ma normopeso. Se da una parte infatti correre il Tour de France nella calura di luglio della Francia può essere addirittura un vantaggio essere troppo magri (ove infatti in questa condizione si sente meno caldo), per tutto il resto della stagione l'eccessiva magrezza espone il fisico continuamente ai rischi del freddo, senza dimenticare che una percentuale di grasso troppo bassa riduce drasticamente le nostre difese immunitarie e quindi ci si ammala con molta più facilità. Torniamo però al concetto della sofferenza psicologica: se da una parte essere molto magri, ma ciclisti professionisti pagati con stipendi a sei zeri e seguiti da una competente e attentissimo staff medico, può forse essere giustificato, prendere ad esempio un ciclista come Chris Froome e farne un icona del rendimento, mette in seria difficoltà la gestione fisica e psichica degli atleti nelle categorie giovanili e amatoriale. Vi è infatti il grave rischio che a queste categorie meno seguite la situazione sfugga di mano e la riduzione del peso corporeo a seguito di drastici regimi alimentari si trasformi in disturbi dell'alimentazione con conseguenti stati di anoressia patologica.
Bradley Wiggins nel corso della crono olimpica (vinta) di Londra 2012
LE (POSSIBILI) SOLUZIONI. La condizione di magrezza con cui sono stati vinti gli ultimi due Tour de France pongono un grande interrogativo al mondo ciclistico e sportivo tutto: è giusto e salutare essere così magri ? La risposta è stata data ed è contenuta in questo articolo: no, non è salutare. Ma è almeno giusto? Su questo concetto si potrebbe filosofeggiare molto, la verità è che in assenza di un regolamento istituzionale, è giusto e possibile che ognuno faccia come meglio crede per ottenere in maniera lecita il miglior risultato possibile. È pur vero però che questa ricerca spasmodica della magrezza ha un po' sbilanciato l'equilibrio e forse anche le buone norme di una corretta contesa sportiva. Visto che infatti essere molto magri in salita è stato dimostrato essere molto efficace nel rendimento, d’ora in poi ci si dovrebbe aspettare che tutti i contendenti alle grandi corse a tappe come Giro, Tour, Vuelta e corse con molta salita spingano il proprio fisico (per essere alla pari con gli altri contendenti) ad un’estrema magrezza, al limite dell’anoressia. Ma tutto questo non è certamente auspicabile. Questo comporterebbe infatti di avere atleti al limite della depressione, inseriti in un regime di vita monacale e maniacale, per forza di cose obbligati a concentrarsi in un solo obiettivo possibilmente in un brevissimo periodo di tempo: ecco che questa sarebbe la morte del ciclismo come sport di grande fatica di grande resistenza e fatto da un calendario che prevede la Milano Sanremo marzo e il Giro di Lombardia ottobre, con tutta una serie di impegni diluiti nel corso della stagione tutti da onorare e valorizzare. Per certi versi forzando un po’ il concetto, sembra quasi di essere tornati indietro di 20 anni quando l'irruzione del doping ematico nel mondo del ciclismo ha per un certo periodo sbilanciato la contesa, rendendo la vita facile a quegli atleti disposti a vendere l'anima al diavolo pur di ottenere risultati importanti, ma determinando di fatto con il tempo un malaugurato e inesorabile adeguamento anche da parte di tutti gli altri. Prima che sia troppo tardi dunque, sarebbe necessario stabilire un limite al dimagrimento, per salvaguardare prima di tutto la salute degli atleti ed in seconda, ma non meno importante battuta, la bellezza dell’atleta e del suo gesto atletico.
Qualcosa del genere in verità lo aveva proposto il dr. Giancarlo Brocci patron del Giro Bio (il Giro d’Italia Dilettanti, esperienza sportiva ma anche umana e scientifica di altissimo valore andata in scena dal 2009 al 2012) il quale per l’edizione 2013 della corsa italiana aveva proposto di introdurre come sbarramento di accesso alla partecipazione dei ragazzi una percentuale di grasso minima sotto la quale non si poteva prendere il via. Poi come molti sanno il Giro Bio 2013 non è mai partito, ostacolato dalla difficile situazione economica del paese e più gravemente boicottato dalle alte sfere della politica dello Sport, per negligenza ed ignoranza sportiva. Come al solito però le grandi idee lanciano un sasso, covano sotto la cenere per poi maturare e comunque propongono sempre grandi spunti di riflessione che ci auguriamo, anche tramite questa nostra riflessione, vengano presto presi in considerazione per il bene dello Sport e del nostro amato ciclismo in particolare. Paolo Alberati
Questo articolo è possibile leggerlo nel giornale on-line CICLOSTILE cliccando qui: http://issuu.com/bicifi_firenze/docs/ciclostile_n.1_2014?e=11225194/7696474
|