Lug. '14 - Cambio MONOCORONA? Parliamone, ma... non ci piace... :-( |
Quella sua prima Milano-Sanremo del 1935 era già un impresa riuscire a correrla e Gino Bartali che si era fatto il viaggio da Firenze in treno per Milano, valigia e bicicletta sotto braccio, questo lo sapeva benissimo. Ma correrla svantaggiati, con un cambio rapporti inadeguato, non poteva certo permetterselo. Già che era un corridore <ciclista professionista categoria isolati> o <indipendenti> che dir si voglia, ossia senza squadra al seguito, nessuna assistenza, rifornimento, acqua lungo il percorso; già che quella era una corsa massacrante, la più lunga del panorama e prometteva addirittura pioggia; ma insomma Bartali voleva ben figurare, perché dall’esito di quella corsa, dal farsi vedere tra i migliori, avrebbe determinato il prosieguo della sua carriera e, chi sa mai, un contratto futuro con una delle poche squadre ufficiali dell’epoca: la Legnano e la Frejus in cima alla lista dei desiderata.
Gino Bartali alle prese col cambio Campagnolo Modello Corsa in salita al Tour del 1948
Raccontano allora gli osservatori dell’epoca che Bartali la sera della vigilia della Milano Sanremo viene a sapere che un certo signor Nieddu di Torino ha inventato un cambio per biciclette chiamato <Vittoria> dalle prestazioni rivoluzionarie: i corridori che desiderano montarlo sulla propria bicicletta, Nieddu li aspetta all’albergo Il Cavallino, vicino alla sede della Gazzetta dello Sport. Molti campioni mandano i loro meccanici, ma Gino dopo aver lasciato in sede della Gazzetta la borsetta col cambio dopo-corsa che gli organizzatori avrebbero portato l’indomani a Sanremo, dal signor Nieddu deve andare da solo, aspettando tutta la notte, sino alle quattro del mattino, per montare quel cambio nuovo. Così dopo aver dormito appena due ore già vestito con i panni da corridore, <e dormito neanche così bene, preso dall’emozione> racconterà poi in seguito, si reca al raduno di partenza spavaldo e intimidito allo stesso tempo.
I due rapporti di cui erano dotate le bici da corsa di inizio secolo scorso
L’alternativa infatti al cambio Vittoria per anni era stata dapprima il monocorona anteriore e posteriore, a fine ottocento addirittura con lo scatto fisso sul rocchetto posteriore, ma poi comunque al massimo i Valetti, Girardengo e Binda erano riusciti a sfruttare la possibilità del doppio rapporto montato ai due lati del mozzo della ruota posteriore: uno un po’ più corto (solitamente il 14) da usare per la pianura, uno un po’ più leggero (mai però oltre il 18) per affrontare le salite. Ma pur sempre con una sola corona nell'anterire. Badate bene però, che l’unico sistema per cambiare rapporto sino ad allora era stato il fermarsi a bordo strada, sfilare dalla catena la ruota posteriore, invertirne il senso e innestare l’altro rapporto a disposizione: non una soluzione molto pratica, non una cambiata particolarmente veloce…
Poi da lì, da quel cambio di Bartali nel 1935 di strada ne è passata tanta sotto i ponti e sui banchi lavoro dei migliori meccanici al mondo, tra cui gli italiani con Campagnolo hanno scritto la storia dello sport ciclistico.
Fa sorridere dunque che oggi, al momento in cui la tecnologia (Giapponese con Shimano, american-taiwanese con Sram) ha messo a disposizione dei pedalatori dapprima la tripla moltiplica anteriore nelle Mountainbike, poi addirittura le 11 corone dietro con il doppio plateau davanti, oggi con cambio non più solo ad impulso meccanico, ma bensì persino elettronico, fa sorridere dicevamo che venga presentato come la scoperta del secolo il cambio XX1 per Mountainbike, ossia il cambio con monocorona sull’anteriore e 11 denti nel posteriore.
Il cambio XX1, “novità” assoluta del terzo millennio…?
Di cosa si tratta dunque, dove starebbe la grandiosa novità? Gli inventori americani dicono, molti giornalisti (immaginiamo poco o proprio per niente saliti almeno una volta su una bici…) del settore riprendono nelle proprie rubriche tecniche, che il plateau monocorona anteriore assicurerebbe una cambiata più precisa, perché escludendo il deragliatore anteriore si riduce così la possibilità di sbagliare (sbagliare!?!) incroci di rapporti. Dicono poi che così, se dovessimo trovarci in condizioni di fango proibitivo, la catena non dovendo salire e scendere sul deragliatore anteriore, non soffrirebbe appunto gli intoppi provocati dal fango. Promettono altresì che la scala dei rapporti posteriori, ampliata dal “vecchio” 11 (rapporto minimo) – 36 (rapporto massimo) dei cambi finora esistiti ad un nuovissimo 10-42, riesca comunque a coprire tutte le esigenze di sviluppo metrico che il “vecchio” 2x10 rapporti garantiva a piene mani. Tenetevi forte però, perché ora vi sveliamo la soluzione super-innovativa che ci viene proposta per convincerci che l’1x11 è il futuro della trasmissione ciclistica, oltre che raccontarci che i 30 grammi in meno di questo cambio rispetto al tradizionale 2x10 farà la differenza nella prestazione. Col kit d’acquisto viene fornita la possibilità di scegliere l’alternativa tra corona anteriore da 30, 32 o 34 denti, così da accoppiarla alla scala posteriore in base a percorsi con tanta salita (il 30), medi (il 32), con molta pianura-discesa (il 34). Bene. Come fare per cambiare queste tre corone anteriori? Molto semplice, dicono: con chiave a brugola e officina meccanica al seguito. Ossia smontando il plateau precedente per rimontare quello necessario, prima di salire in bici. Esatto, avete capito bene: il ciclista del terzo millennio per poter usufruire del rapporto adeguato in base al percorso (ovviamente, se necessario, anche durante il percorso…) deve attrezzarsi proprio come facevano i Valetti, Girardengo e Binda, che tra moccoli irripetibili, perdevano corse e tempo, perché costretti ad affrontare salite e discese con rapporti vincolati, con l’unica alternativa che avevano per cambiare rapporto che era quella di fermarsi! Ora però, per essere obiettivi sino in fondo e non credendo certo di avere tutta la scienza del mondo, ritenendo al contrario schiere di tecnici con gli occhi a mandorla come dei perfetti sprovveduti, va detto che nelle prove in circuito di Mtb (XC) ove il biker si trova a far fronte a continui e repentini cambi di ritmo e pendenza, stressare ed intrecciare il meno possibile la catena è di sicuro una soluzione che può gratificare il buon funzionamento del mezzo. Se consideriamo però il 90% dell'utilizzo della Mtb, soprattutto mezzo di cicloturismo sempre più diffuso in montagna o al massimo di gare Granfondo con lunghissime salite (anche 15 chilometri continui) e discese conseguenti, siamo così sicuri che nella scala XX1 disponiamo di tutti i rapporti necessari per gambe non da campioni in salita o rapporti così lunghi da non perdere pedalate in discesa? Perhè se è vero che questa "innovazione" del mercato è nata sui campi gara del circuito professionistico delle prove XC della mountainbike, siamo (come avete notato) fortemente dubbiosi sul fatto che una soluzione così tecnica debba "per forza" essere utile a tutti, al ciclista della domenica come al granfondista senza pretese. Immagino dunque a grandi linee abbiate capito cosa ne pensiamo dell’ultima novità del mercato, che ovviamente deve inventare sempre qualcosa di nuovo per dare impulso al settore commerciale. Questo è comprensibile. I reali vantaggi del nuovo XX1, rispetto al sistema di trasmissione “tradizionale” invece lo sono molto di meno.
Il cambio GRAN SPORT CAMPAGNOLO "cimelio" del secolo scorso...
Ci sarebbe piaciuto tanto chiedere (oh se avessimo potuto farlo…) a Gino Bartali cosa ne poteva pensare della novità del terzo millennio, ossia il monocorona. Lui che per i primi anni della sua carriera aveva dovuto “combattere” col cambio praticamente inesistente del vecchissimo monocorona sia anteriore che posteriore (con opzione di inversione ruota per innestare l’altro rapporto), a fronte del cambio Campagnolo Gran Sport degli anni cinquanta per esempio, il primo cambio “moderno” azionato da due cavi e levette sulla canna obliqua. Siamo sicuri vi avrebbe risposto con la sua solita schiettezza: <gli è tutto sbagliato. Tutto da rifare>!
Paolo Alberati
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